BERLINO – Lo chiamano il “Lider maximo” della rivoluzione Slow, ma lo si potrebbe anche definire il “messia del buon cibo”. O del “cibo buono”, nel senso di sostenibile. Il fondatore di Slow Food Carlo Petrini è alla Berlinale nella sezione dedicata al “cinema culinario” con Slow Food Story di Stefano Sardo, prodotto da Indigo e TicoFilm Company. Un film che ripercorre la nascita e l’evoluzione del movimento che oggi è radicato in 150 paesi del mondo e coinvolge centinaia di migliaia di persone. Un documentario di 73 minuti intervallato da brani animati in cui si percorre l’avventura dell’uomo che ha cambiato il concetto di gastronomia nel mondo, che ha inventato l’inserto Gambero rosso del manifesto – dando dignità a cibo e vino in tempi non sospetti, lontani da MasterChef – e che riunisce i produttori agricoli del pianeta ogni due anni con Terra Madre, su cui aveva puntato la macchina da presa il maestro Ermanno Olmi. Ma Carlo Petrini, oppure “Carlìn”, è anche un attore consumato, che arringa le folle sul palco con la complicità del suo interprete-commediante. Nella capitale tedesca, il guru della gastronomia mondiale (a cui si deve, in parte, anche l’esperienza Eataly di Oscar Farinetti) accende la curiosità di giornalisti ungheresi, tedeschi, neozelandesi, ansiosi di sentirlo parlare di contadini e orti, di piccole produzioni e sostenibilità agricola. Della Slow Revolution, insomma.
Quali sono le questioni più urgenti secondo lei nell’ambito dell’agricoltura?
Bisogna cambiare il sistema alimentare: è iniquo, provoca ingiustizie e danni ambientali, è basato sullo spreco. Nel mondo si produce cibo per 12 miliardi di persone, ma siamo 7 miliardi e un miliardo non mangia. Il che significa che la metà della produzione viene buttata: è la più grande vergogna dell’umanità. Prendere coscienza di questo è un atto politico che non riguarda solo i governanti ma anche i governati, è un principio rivoluzionario che responsabilizza tutti.
Lei è il leader di un movimento diffuso a livello planetario. Non ha mai pensato a fare politica attiva, a candidarsi in Italia?
No, proprio perché ho un importante impegno internazionale, che tra l’altro è complesso e articolato ed è impossibile da governare. Ci sono dei punti fermi rispetto al sistema alimentare globale, ma bisogna avere creatività e attenzione per gestire ogni situazione in modo diverso.
Quali sono le linee guida del movimento?
Si basa su due pilastri: l’intelligenza affettiva, che richiede di unire il concetto di fraternità alla razionalità, e l’anarchia austera, che significa rispettare ogni specificità. Io, ad esempio, sono italiano e non posso decidere come si deve comportare Slow Food negli altri paesi del mondo.
Qual è la situazione dell’agricoltura nell’Unione Europea?
E’ una situazione compromessa e bisogna avere la forza di cambiare: basta con il taglio dei fondi e con le lobby delle multinazionali, bisogna dare rappresentanza ai piccoli contadini. Bisogna porsi l’obiettivo della pulizia, e assegnare fondi solo a chi non distrugge l’ambiente; e poi dare attenzione alla piccola produzione e del supporto ai giovani. E poi pensate: Michelle Obama ha fatto un orto alla Casa Bianca. Esiste un politico europeo che abbia fatto una cosa del genere?
Che effetto avrà la crisi in questo campo secondo lei?
Cambierà le cose, già si sente la voglia di tornare alla terra, già fioriscono nuovi contadini che usano le nuove tecnologie e si organizzano con l’e-commerce. Certo, poi ci sono delle degenerazioni di questa ribalta, come Masterchef, un concentrato di idioti.
Qual è il cibo preferito di Carlo Petrini?
La curiosità. Ora che sono a Berlino sono curioso di mangiare le cose buone di qui, ad esempio.
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