CARLO LUGLIO


Il Mediterraneo e il Nord Europa. Carlo Luglio unisce queste due realtà geografiche e culturali per realizzare Capo Nord, film che travalica i generi. Commedia e dramma allo stesso tempo, racconta la maturazione di un gruppo di ragazzi napoletani. Con la speranza di trovare fortuna e denaro, i quattro sbandati compiono un viaggio fino a Capo Nord. Lì, invece di integrarsi, troveranno altri perdenti più o meno simili. Ettore, Francesco, Genny e Fofò sperimenteranno la morte e nasconderanno un terribile segreto. Carlo Luglio, prima di arrivare alla regia è stato assistente di Ferzan Ozpetek sui set di Vite strozzate di Ricky Tognazzi e Il branco di Marco Risi.
Capo Nord, un art. 8 prodotto da Thule Film, è passato al Festival di Torino nella sezione Orizzonte Europa, e al Roma Film Festival dove ha vinto il Premio Opera Prima. In sala arriva il 7 marzo.

Come nasce l’idea del film?
Avevo fatto un viaggio fino a Capo Nord quando avevo 18 anni. Ho preso spunto dalle atmosfere e le persone che avevo realmente visto e incontrato in Norvegia e vi ho costruito sopra una storia. Ci sono molti norvegesi nel film, rappresentano bene la working class nordeuropea. Quando si parla di italiani all’estero si usa spesso il genere commedia. Io mi sono ispirato a I magliari di Francesco Rosi, al Diavolo di Gian Luigi Polidoro, entrambi con Alberto Sordi. Mi interessava riprendere alcune atmosfere di questi film.

E’ anomala e interessante l’unione di atmosfere mediterranee e nordiche.
Ho voluto raccontare nel modo più realistico possibile l’incontro tra le gioviali intemperanze mediterranee dei quattro ragazzi e il mondo nordico, qualche volta grottesco e sopra le righe, ma realistico. I quattro, con questo viaggio, varcano la loro linea d’ombra.

Il film cambia ritmo, sia per quanto riguarda il montaggio che per i movimenti della macchina da presa.
La prima parte è girata in modo documentaristico. Do spazio al viaggio, ai campi lunghi, a quello che i quattro vedono durante il loro vagabondare. Poi stringo i campi, muovo la macchina da presa su primi piani, spazi angusti e bui. Il film diviene realistico e perde il suo senso documentario. Per quanto riguarda il montaggio c’è un leimotiv che accomuna tutti i momenti balordi e scanzonati vissuti dal gruppetto: uso il jump, cioè sulla sequenza di immagini di una scena salto qualche fotogramma. E’ un modo per dare ritmo al loro girovagare. Nella prima parte c’è un’unica sequenza di montaggio, nella seconda ce ne sono due.

Gli attori sono quattro giovani semiprofessionisti.
Con lo scorrere del film la loro recitazione si fa più intensa. Non ho girato in modo cronologico: le scene iniziali ambientate a Napoli sono state realizzate alla fine. Ma, tornata la troupe da Amburgo, l’incanto recitativo si è sciolto. E questo, forse, ha giocato a favore del film.
Ettore, Emanuele Valenti viene dal teatro napoletano. Francesco Vitiello aveva recitato nello sceneggiato televisivo “Un posto al sole”. All’inizio non lo volevo incontrare, poi mi sono dovuto convincere del contrario: Francesco è molto bravo. Alberto “Polo” Cretara (Genny) invece è un rapper graffitaro partenopeo, che tra l’altro ha creato alcune musiche per il film. Luca Riemma ha sostenuto piccoli ruoli nei film di Antonio Capuano. Ho girato con la videocamera prima di iniziare le riprese: volevo che i quattro attori cominciassero a fare branco.

“Capo Nord” è il suo primo lungometraggio ma prima ha girato un documentario per RaiSat cinema.
Sì, Il cinema salato sul cinema napoletano. Parto dal muto musicale degli anni ’20 e arrivo alle sceneggiate anni ’70 con Mario Merola. Con un tono tra il didattico e lo scanzonato faccio parlare attori che hanno avuto a che fare con quel mondo: Regina Bianchi, la prima interprete di Filumena Marturano, che aveva lavorato con Eduardo De Filippo e poi con Mario Merola negli sceneggiati. Intervisto il gruppo di teatranti del salone Margherita di Napoli: Emy Salvador, Rino Gioielli, Enzo Romano. Le sceneggiate in realtà erano tratte da canzoni napoletane degli anni ’10 e ’20: avevano uno specifico riferimento musicale e letterario (i romanzi d’appendice, ndr). Insieme a protagonisti della scena intervisto tre anziani spettatori che raccontano come si viveva la sala cinematografica in quegli anni. Napoli è stata, insieme a Torino, un centro di produzione importante per il cinema muto.

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04 Dicembre 2002

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