CANNES – Un film attesissimo. Annette. Ha aperto la 74ma edizione del Festival di Cannes e partecipa al Concorso, ma sono cinque anni che la prima opera in inglese di Leos Carax è stata annunciata, era il 2016 e l’unico elemento fisso confermato è stato poi il protagonista maschile, Adam Driver (assente alla conferenza ufficiale di presentazione), anche produttore, che recita nel ruolo di Henry, un performer comico, parte che permette all’attore di mettere in scena una grande versatilità.
Il film, dapprima, affidava gli altri ruoli a Rihanna e Rooney Mara, cui poi è subentrata Michelle Williams, ed infine Marion Cotillard, perfetta compagna di scena dell’attore nel ruolo di Anne, artista della lirica, ma soprattutto madre della loro piccola Annette. “E’ stato incredibile poter esplorare e creare: è stata interessante la costruzione del personaggio, che mi ha fatto porre personalmente domande sui ‘perché’ dell’amore, perché talvolta si creino situazioni inspiegabili connesse alla distruzione. Tutto il cantato del film esprime ‘vita’ e la preparazione ha comportato capire che ad ogni suono cambiava il movimento del corpo”, così riflette l’attrice, anche sofisticata cantante nella parte, per cui dichiara “famigliarità con l’Opera”, ha spesso ascoltato la Carmen, “un’espressione musicale particolarmente capace di stabilire un rapporto con le emozioni”.
Il film è un musical – musiche e sceneggiatura originali sono degli Sparks, Ron e Russel Mael – e sin dalle prime sequenze Carax restituisce i tratti che segnano e disegnano l’opera, in cui la metafora si fa ricorrente e fondamentale: il regista sceglie una fotografia prettamente notturna, che si ramifica per le strade di Los Angeles, o nel nido domestico. La storia, infatti, è proprio quella di una coppia, di un amore da copertina, di una passione intima mostrata nella naturalità dell’amplesso, fin quando nasce Annette, creatura magica quanto detonante.
Si alternano sequenze musicali energiche, rock, coinvolgenti, ad altre più romantiche, delicate, malinconiche, come il duetto diurno di Anne e Henry durante la passeggiata nel bosco, subito però scosso con il brano cantato a cavallo di una motocicletta che sfreccia nel buio solitario delle strade della Costa Pacifica degli Stati Uniti, mentre i due si cantano reciprocamente “love each other”, fino a tornare ad un tono intimo, segreto, nella stanza da letto, mentre appunto i corpi s’intrecciano e raggiungono il piacere ripetendo “so much”.
“L’idea era di dar vita ad un processo tra scrittura e musica, e collaborare con Leos ci ha permesso di esplorare: fare un musical con lui è stato un sogno, apprezzando la sua originalità. Eravamo d’accordo sull’approccio, non inseguivamo i cliché del film-musical, puntando sulla differenza tra l’aspetto finzionale del film musicale e la naturalezza dei personaggi, abbiamo dedicato molto tempo al film affinché questo accadesse”, spiegano a due voci i fratelli Mael.
Gli Sparks “mi hanno regalto tre cose: la musica, il mio primo film in inglese, e la libertà di immaginare, per creare un mondo. Fare cinema è come comporre (la musica)”, commenta Leos Carax.
“Leos porta il suo spirito dappertutto, in ogni cosa: la sceneggiatura era molto ricca e da lì lui ha creato, ogni giorno era una sorpresa”, segue Cotillard.
È seduttiva anche l’immersione in una dimensione meta-attoriale: guardiamo sullo schermo due attori che recitano di essere due attori, che nella parte stessa ci fanno immergere ciascuno nella propria dimensione finzionale, dentro alla finzione del film stesso. Carax ha costruito un efficace gioco di matriosche che conferisce ulteriore fascino ad un racconto indubbiamente estroso, in cui la musica è lo spartito imprescindibile della narrazione, così come Edgar Allan Poe e Magritte, due delle figure che Carax “ringrazia” espressamente nei titoli di coda, profili che offrono subito anche il lato surreale della messa in scena tutta.
Esilarante e dolcissima, poi, la sequenza cantata del parto: “respira e spingi” è il refrain musicale intonato dalle infermiere/coriste, destinato a poter diventare un tormentone pop, partitura su cui Annette nasce; nella penombra guardiano la neonata, palesemente un bambolotto dal cuoricino elettrico vibrante, di cui Carax sceglie di mostrare l’artificio anche nell’evidenza delle giunture delle articolazioni, così come nell’incarnato, quasi ligneo. Carax mette in scena una bambina artificiale, ma animata e quindi viva: impattante, inquietante, simbolica.
Il film così conferma continuamente di giocare tra toni lievi e drammatici, come d’altronde si confà al sentimento dell’amore, che racconta nella luce e nel buio del sentire umano: esemplificativa la sequenza della (fatale) danza in mezzo al mare in burrasca, in cui Henry canta espressamente ad Anne “danziamo nella tempesta”, scena che dà il via al profilo thriller del film e anche all’incanto (del canto), al miracolo, al fenomeno… Annette, creatura che si rivela nel suo magico talento quanto nella sua personalità, capace di sostenere lo sguardo e il pensiero del papà, genitore di riferimento.
Adam Driver dona una prova complessa, che centra in tutta la gamma delle differenti sfumature di tono, sin dalla sequenza iniziale in cui si esibisce in un assolo sul palco: ironico, mimico, flessuoso, canta e accenna passi di danza, un’ecletticità che conserva e conferma poi in tutto il film, rivelando una capacità plastica a tutto tondo.
Nella sale francesi il film è uscito sin dal debutto sulla Croisette, ieri 6 luglio, distribuito da UGC, mentre in quelle italiane sarà distribuito da I Wonder Pictures, in collaborazione con Koch Mediae Wise Pictures.
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