Captive State, in uscita con Adler Entertainment, vede protagonisti John Goodman, Vera Farmiga e il giovane Ashton Sanders, diretti Rupert Wyatt. La vicenda è quella di un gruppo di ribelli che combattono fianco a fianco contro una specie aliena che da più di dieci anni ha invaso il pianeta e sottomesso i suoi abitanti. In un momento in cui il mondo intero sembra voler virare verso la chiusura delle frontiere, i nazionalismi e certe nostalgie per il passato e i suoi uomini forti, Captive State, suona come un monito. Gli invasori non sono più i nazisti ma un gruppo di extraterrestri apparentemente imbattibili. La disoccupazione è scesa allo zero per cento, ognuno ha un ruolo nella società, tutti sono sotto controllo, nessuno è libero, però. Rupert Wyatt ha scritto la sceneggiatura insieme alla compagna Erica Beeney. “Abbiamo voluto ipotizzare un film in cui si racconta l’istinto primitivo dell’umanità intera, che è quello di combattere i soprusi e resistere. Per lo stesso motivo siamo tendenzialmente sospettosi e cauti con gli estranei. Non credo sia una coincidenza il fatto che la maggior parte dei film sugli alieni, li ritraggano come aggressivi e pericolosi, piuttosto che benevoli”. John Goodman interpreta William Mulligan, un poliziotto di Chicago: “Il mio personaggio è un veterano delle forze di polizia, un uomo innamorato della sua città, disposto a sacrificare tutto per il bene comune. Non sono sicuro di saper fare ciò che fa lui, ma mi piace l’idea di essere un tipo del genere. Questa è la seconda volta che lavoro con Rupert Wyatt, il nostro primo film insieme è stato The Gambler (2014) con Mark Wahlberg, in cui portavo in scena uno strozzino. Mi piace molto il suo modo di fare cinema”.
Goodman, per portare in scena il suo Mulligan dice di essersi ispirato a diversi altri capolavori cinematografici del passato, anche italiani: “Ho cercato di prendere spunto da diversi film, non necessariamente di fantascienza per esempio, ho rivisto La battaglia di Algeri (1966) di Gillo Pontecorvo o il film sulla Resistenza francese L’armata degli eroi (Jean-Pierre Melville, 1966). Mi hanno aiutato a farmi un’idea sullo spirito di temi come la sopravvivenza quotidiana, la disperazione e in generale l’idea di essere disposto a sacrificare tutto per un bene superiore”.
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