VENEZIA – Non essere cattivo avrebbe dovuto essere in concorso alla 72ma Mostra? Chi ha condiviso con Claudio Caligari questo travagliato progetto, segnato indelebilmente dalla morte dell’autore, lo pensa: Valerio Mastandrea, produttore e anima del film senza mai comparire davanti alla macchina da presa, lo dice, sia pure in maniera sfumata – “peccato non farlo giudicare a una giuria internazionale, peccato anche per gli attori” – mentre Emanuel Bevilacqua, amico e stretto collaboratore del regista scomparso a 67 anni per un tumore alla gola, esprime con una certa durezza un rimpianto che aleggia nell’aria: “Sono amareggiato da questa decisione perché so quello che ci ha messo dentro Claudio, che veniva sul set anche se gli restavano pochi giorni di vita”. Infine il coproduttore Pietro Valsecchi, che anche lui l’avrebbe voluto in concorso, dà in conferenza stampa una risposta diplomatica: “Ho chiesto ad Alberto Barbera perché il fuori concorso: mi ha parlato di un film straordinario, ma ha spiegato che la morte dell’autore avrebbe potuto creare imbarazzo alla giuria, che poteva sentirsi quasi in dovere di dare un premio”.
In fondo poi l’importante è che Non essere cattivo sia qui e da domani, 8 settembre in sala con la Good Films. “Claudio c’è”, come dice Mastandrea. E ci sono con lui tutti i suoi collaboratori e anche la mamma, Adelina Ponti, novantenne, che ne ricorda la dolcezza assoluta e si commuove. “Siamo tutti emozionati – aggiunge Mastandrea – stasera ci si romperanno le acque”.
Terza e ultima parte di un’ideale trilogia del cineasta di Arona, autore ultraindipendente che in trent’anni ha girato solo tre film (Amore tossico nell’83, L’odore della notte nel ’98 e questo, che rimarrà il suo ultimo), è un romanzo popolare ambientato nella Ostia di metà anni ’90 e racconta l’amicizia per la vita e per la morte di Vittorio e Cesare. Due ventenni che trascorrono le notti tra sballo, macchine potenti, spaccio e malavita di piccolo cabotaggio e disprezzano chi si buca perché loro preferiscono le droghe chimiche, le pasticche dai nomi pittoreschi, o la coca. Per Caligari che ha passato l’esistenza a osservare il mondo dei tossici, quello è un momento epocale, il momento del passaggio, la fine di un’epoca.
A parlare per lui è ancora una volta Valerio Mastandrea, che era arrivato a fare un appello a Martin Scorsese per trovare i finanziamenti per questo progetto quando riusciva a chiuderlo. “Claudio voleva rappresentare una storia piccola di amicizia, un’amicizia immensa in un contesto sociale che lentamente ti stritola. Le latitudini che Claudio esplorava erano sempre le stesse e qui mostra come si può corrompere questo mondo borgataro, attraverso nuove droghe accessibili a tutti e l’illusione che il lavoro sia il fondamento della società”. E’ Vittorio, tra i due, quello che inizia a pensare a un cambiamento di vita, anche perché influenzato da Linda, una madre single di cui si innamora all’istante quando la conosce, mentre Cesare, che intanto frequenta la ex di Vittorio, Viviana, proprio non ce la fa a mettersi in riga, troppo forte per lui il miraggio del guadagno facile, della possibilità di svoltare con un pacco di cocaina da vendere. “Con il lavoro finisce l’era pasoliniana – dice ancora Mastandrea – e il candore di quei personaggi indagati da Pier Paolo. Difficile dire chi ha vinto e chi ha perso tra Cesare e Vittorio. L’unica cosa certa è che nessuno ha pareggiato, perché nell’universo di Claudio il pareggio non esiste”.
Per gli sceneggiatori Giordano Meacci e Francesca Serafini, è stato immediato calarsi in questo progetto: “Quando ci parlò per la prima volta di questa storia ce ne siamo innamorati subito, a partire dal titolo. Con Claudio parlavamo di cinema e dei suoi miti, Scorsese, Visconti, Pasolini e Ferreri. Fra cento anni, quando si vorrà capire l’Italia, bisognerà cercare delle risposte nell’arte e nella letteratura e in film così, che raccontano un punto di inizio della contemporaneità”. E considerano Non essere cattivo come un perfetto impasto di cinema di genere e d’autore. Ritmo veloce e atmosfere notturne, recitazione verista, che rimanda alle esperienze di Caligari con i non attori e quattro interpreti notevolissimi: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Roberta Mattei e Silvia D’Amico. Racconta quest’ultima: “Ci ha scelto guardandoci negli occhi, cercava persone con una sensibilità simile alla sua e una consapevolezza reale di quello che dovevamo raccontare”. Mentre per Roberta Mattei “Caligari resta un punto di riferimento per chi è cresciuto con Pasolini e De Andrè, per chi si rivolge verso gli esclusi, per chi viene dalla periferia”. Certo, ci sono stati dieci anni di porte sbattute in faccia, un film che proprio non si riusciva a fare e che poi ha messo insieme Kimerafilm, Rai Cinema, Taodue, Leone Film Group, con il contributo del MiBACT. “Ma ormai è tardi per recriminare – dice ancora Mastandrea – Claudio ha fatto tre film che sono pochissimi ma che resteranno per sempre e poi ci sono cinque copioni dentro al cassetto che tireremo fuori, troveremo le persone giuste per portare avanti la sua idea di cinema”. E quel titolo, Non essere cattivo? “E’ l’undicesimo comandamento, ma in certi ambienti non puoi non essere cattivo anche se ci provi”.
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