Due ragazze salgono le scale insieme. Non si conoscono e non sanno che a breve si troveranno a bussare alla stessa porta, quella di Marco. Daria, Gioia e Marco ovvero: il triangolo no, non l’avevo considerato. Così comincia Illuminazioni – O su o giù di Bruno Bigoni. Il regista milanese che con l’ottimo Cuori all’assalto ha vinto l’ultimo Libero Bizzarri di San Benedetto, in questo lavoro si è cimentato con una docu-fiction, basata tutta sulla capacità dei tre attori (Daria D’Antonio, Marco Maria De Notaris, Gioia Spaziani) di sapersi calare nella parte e di costruire di volta in volta lo sviluppo della storia. Proiettato al Torino Film Festival, Illuminazioni è un esempio di come si possa pensare ad una televisione intelligente.
Non si può parlare di “Illuminazioni” senza prima fare riferimento agli attori.
E’ vero. Gioia, Daria e Marco sono tre bravi attori che hanno lavorato in televisione, le prime in Un posto al sole, Marco in Cuori nella bufera. Inoltre, sia Gioia che Marco si sono formati presso il Centro Sperimentale. In questo film li ho sfidati. Ho consegnato loro un tema che poi hanno portato avanti seguendo l’istinto. Questo è possibile proprio quando hai a che fare con dei bravi interpreti che da una messa in scena molto essenziale e da un’idea sufficientemente universale, possono improvvisare e seguire un percorso narrativo libero ma capace di restituire un senso. Illuminazioni è nato in modo semplice: Marco sta a casa, nel frattempo Daria e Gioia salgono le scale e si conoscono bussando alla stessa porta. A quel punto scoprono di avere lo stesso fidanzato e da quel momento sta a loro sviluppare la storia. L’unico limite che ho imposto è il luogo, la casa di Marco, e l’unico rischio per la riuscita del film è il degenerare nella verbosità degli interpreti.
Hai girato seguendo l’ordine cronologico degli eventi?
Le riprese sono state realizzate in due giorni. Daria, Gioia e Marco hanno passato la notte insieme. Li ho praticamente chiusi in casa per farli calare ancor più nella situazione. Si sono identificati con i personaggi e hanno scelto di agire in relazione a quel momento contingente e al loro stato d’animo.
Questo lavoro avrà un seguito?
Adesso sto cercando di vendere questo progetto come un format televisivo. Un’altra storia potrebbe essere quella di una madre che entra nella camera del figlio che in quel momento sta fumando uno spinello. Illuminazioni è un tentativo di dimostrare che si può fare una buona televisione a basso costo rifacendosi alla commedia dell’arte, scegliendo degli attori coraggiosi e pensando a una storia attuale che susciti un interesse diffuso e che, soprattutto faccia riflettere.
La voce fuori campo che significato assume?
I miei interventi hanno un’intenzione precisa: spezzare la fiction. E’ una contaminazione che rende il film una docu-fiction. In un certo senso, piuttosto che come regista mi vedo nei panni di uno spettatore privilegiato che può irrompere nella scena incalzando i protagonisti, soprattutto Marco che ipocritamente ed egoisticamente non riesce a decidere chi scegliere tra Daria e Gioia.
In questo progetto è inclusa una critica ai reality show?
Non lo so, forse inconsciamente si può dedurre anche una critica a un certo modo di fare televisione, ma ne farei una questione più generale e non rivolta esclusivamente al reality show. Purtroppo cinema e televisione sul fronte dei documentari sono piuttosto inattivi, comprano poco e certamente non producono. Il precedente Cuori all’assalto ha avuto dei passaggi su Telepiù, poi è stato acquistato dalla RAI ma nella fascia notturna. Per il mio nuovo progetto che vorrebbe trattare un argomento delicato come la violenza sui bambini, sto cercando finanziamenti privati. Tuttavia devo dire che qui a Torino ero convinto di non vedere tanti documentari e invece la programmazione si è rivelata ricca e interessante.
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