Bruce Willis oggi è un eroe silenzioso, impegnato in una battaglia diversa da quelle combattute con forza e sagacia nei suoi film più popolari: una lotta contro una malattia (la demenza frontotemporale) che lo ha costretto ad abbandonare le scene nel 2022. Un tempo voce inconfondibile del cinema d’azione, oggi il suo sguardo comunica ciò che le parole non possono più esprimere.
Nonostante la malattia, Willis non è solo. Accanto a lui c’è la sua famiglia: la moglie Emma Heming Willis, con cui ha avuto due figlie, e l’ex moglie Demi Moore, con la quale ha mantenuto un rapporto profondo e affettuoso, insieme alle loro tre figlie. Uniti nel sostenerlo, hanno dimostrato come l’amore e il legame familiare vadano oltre ogni difficoltà. “La famiglia è la cosa più importante. È ciò che ti sostiene nei momenti difficili”, ha detto Willis in passato, e oggi quelle parole risuonano ancora più forti.
Bruce Willis, il divo che ha ridefinito per sempre l’immagine degli eroi d’azione con un’alchimia esemplare di durezza e ironia, festeggia in questi giorni 70 anni.
Nato il 19 marzo 1955 a Idar-Oberstein, in Germania, Bruce è figlio di Marlene, una donna tedesca, e David Willis, un militare americano. All’età di due anni, si trasferisce con la famiglia negli Stati Uniti, stabilendosi a Penns Grove, nel New Jersey, dove trascorre un’infanzia caratterizzata da una marcata balbuzie che supererà recitando in teatro a scuola.
Prima di raggiungere il successo, Bruce Willis affronta diversi lavori comuni, come operaio in una fabbrica chimica, barista in locali notturni e persino guardia del corpo, accumulando esperienze che alimentano il suo stile autentico e diretto sullo schermo. Willis stesso ha ricordato più volte questo periodo difficile dichiarando: “La vita reale mi ha insegnato più di quanto potessi apprendere su qualunque set cinematografico.” Queste esperienze lo hanno reso l’attore realistico e credibile che il pubblico ha imparato ad amare.
Il suo esordio, che cattura immediatamente l’attenzione del grande pubblico, avviene con la serie televisiva Moonlighting (1985-1989), nella quale interpreta il detective David Addison accanto a Cybill Shepherd. Il personaggio di Addison, ironico e sagace, conquista milioni di spettatori, dimostrando il talento comico e brillante di Willis e rivelando un aspetto sensibile e romantico che contrasta con l’immagine da uomo forte che avrebbe poi definito la sua carriera cinematografica. Sul set di Moonlighting, l’alchimia tra Willis e la Shepherd diventa leggendaria, anche grazie a frequenti litigi fuori scena che contribuirono, paradossalmente, a rendere più vivida e credibile la loro intesa sullo schermo. È lo stesso Willis a commentare, ironicamente, questa dinamica: “Litigavamo spesso, ma credo fosse quello il nostro segreto.”
La vera svolta arriva però nel 1988, quando Willis ottiene il ruolo di John McClane in Die Hard – Trappola di cristallo, diretto da John McTiernan, che lo consacra definitivamente come star internazionale. Curiosamente, il ruolo era stato inizialmente offerto ad attori già affermati come Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Richard Gere, tutti rifiutatisi per diverse ragioni. Quando il produttore Joel Silver decise di puntare su Willis, all’epoca noto principalmente per i suoi ruoli televisivi, molti lo considerarono una scommessa rischiosa. La scelta, invece, si rivelò geniale.
Con John McClane, Willis rivoluziona il concetto dell’eroe d’azione: niente muscoli gonfiati, niente invulnerabilità, solo coraggio, sarcasmo e determinazione. Willis ha raccontato che il personaggio di McClane gli piaceva perché era umano e vulnerabile: “Non volevo interpretare un eroe che sembra un superuomo, ma qualcuno con cui il pubblico potesse immedesimarsi davvero.” Il suo celebre “Yippee-ki-yay!” diventa una delle battute più iconiche della storia del cinema, simbolo di un eroe che affronta situazioni disperate con ironia e tenacia. “Die Hard” genera numerosi sequel e ridefinisce radicalmente il genere action movie, influenzando generazioni di film successivi e fissando nuovi standard narrativi e stilistici.
La carriera di Willis è costellata di ruoli estremamente diversi tra loro, a testimonianza della sua grande versatilità attoriale. È impossibile dimenticare la sua performance intensa e drammatica ne Il sesto senso (1999), dove interpreta uno psicologo tormentato, diretto da M. Night Shyamalan. Willis stesso ha raccontato quanto sia stato complesso entrare in quel ruolo così intimo, definendo l’esperienza come “una delle più impegnative ma gratificanti” della sua vita professionale. Shyamalan, riconoscendo il talento e la profondità interpretativa di Willis, lo richiama per Unbreakable – Il predestinato (2000), nel quale l’attore interpreta un uomo comune che scopre di possedere poteri sovrumani. Questo ruolo conferma definitivamente la capacità di Willis di immergersi completamente in personaggi complessi, ricchi di sfumature emotive e psicologiche.
Tra i momenti più memorabili della sua carriera, il ruolo del pugile Butch Coolidge in Pulp Fiction (1994) di Quentin Tarantino dimostra ulteriormente il suo talento versatile, spaziando dall’umorismo noir alla violenza cruda. Tarantino, grande ammiratore di Willis, ha scritto il personaggio su misura per lui, riconoscendone la capacità di alternare tensione drammatica e ironia tagliente. L’iconica scena in cui Butch decide di tornare indietro per salvare Marsellus Wallace, scegliendo una katana come arma, è diventata un momento cult del cinema anni ’90.
Non manca neanche il Willis più ironico e leggero, come nel colorato e surreale Moonrise Kingdom di Wes Anderson (2012), che lo vede nei panni di un capitano di polizia dal cuore tenero. In questo film, Willis abbandona temporaneamente i ruoli da duro per mostrare un lato malinconico e paterno, dimostrando ancora una volta la sua capacità di adattarsi a qualsiasi registro narrativo. Anderson stesso ha elogiato Willis per la sua “sensibilità nascosta dietro la corazza dell’action hero”, rivelando un lato inedito dell’attore.
Bruce Willis compie 70 anni con una carriera che ha segnato il cinema d’azione e non solo. Ha saputo alternare ruoli emblematici (pop nel senso più puro del termine) a interpretazioni più introspettive, dimostrando un talento che va oltre l’immagine dell’eroe duro e scanzonato. Oggi il suo lavoro resta vivo nei film che continuano a essere amati da vecchie e nuove generazioni, dimostrando quanto il suo contributo al cinema sia indimenticabile.
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