VENEZIA – Tales, ovvero racconti brevi di vita quotidiana a Teheran, tra un taxi e una sala d’attesa di un ministero. Un pensionato che deve chiedere il rimborso per le spese mediche sostenute ma non riesce a parlare con un funzionario distratto dalle telefonate della moglie e dell’amante, uno studente che fa il tassista per non finire in carcere a causa del suo impegno politico, un gruppo di operai licenziati che reclama almeno i salari arretrati, una donna sfregiata che il marito violento va a cercare nella casa famiglia dove si è rifugiata e dove viene protetta da un’altra donna, una moglie ingiustamente accusata di essere adultera, mentre la lettera che ha ricevuto contiene le ultime volontà del primo marito morto, una giovane tossicodipendente sieropositiva che non se la sente di concedersi un amore.
”Sono storie che riflettono la vita del paese ma al tempo stesso assolutamente universali”, spiega la regista, la sessantenne Rakhshan Banietemad, in concorso a Venezia con un film che ha impiegato molti anni a portare a termine, tra autorestrizioni, burocrazia e assenza di soldi. L’autrice, che a Venezia ha fatto un appello contro l’embargo che ”ha avuto conseguenze dirette e gravi sul popolo iraniano”, spiega nei titoli di coda: ”Nessun film resta chiuso in un cassetto, prima o poi si vedrà, che ci siamo noi o no”. Lei, per otto anni, come scrive nelle note di regia, ha evitato di girare per non dover chiedere l’autorizzazione agli incompetenti che formavano la commissione ministeriale. Poi ha deciso di andare avanti da sola, con il sostegno volontario dei tecnici e di un gruppo di grandi attori, tra cui Payman Maadi, l’interprete di Una separazione. La regista ha concentrato le riprese in soli 17 giorni per evitare che venendo a conoscenza del set il ministero bloccasse la lavorazione. La famigerata commissione è venuta a sapere del film solo dopo la fine del montaggio. “Dopo un tira e molla hanno autorizzato la postproduzione vietando festival, dvd e proiezioni in sala”. Ma al cambio di governo l’inarrestabile autrice è tornata a presentare la domanda e ha finalmente ottenuto il visto. Così il film è a Venezia e uscirà anche in Iran. “Per me è questa la cosa più importante, molto più che essere a un festival all’estero”.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre