Brad Pitt, killer in tempo di crisi


CANNES – “Gli Usa non sono una nazione, sono business”. Dichiarazione shock pronunciata dal personaggio di Brad Pitt in Killing them softly di Andrew Dominik, in concorso a Cannes. Tratto dal romanzo ‘Cogan’s Trade’ di George V. Higgins, il film vede tornare insieme, in una violenta crime-story ambientata alla vigilia dell’elezione di Obama (anche se il libro è del ’74), il regista e l’attore – qui anche produttore – dopo The Assassination of Jesse James. Tra gli interpreti, oltre a Pitt, ci sono Scoot McNairy, Ben Mendelsohn, Richard Jenkins, James Gandolfini, Ray Liotta e Sam Shepard.

Un’oscura storia tutta al maschile. “una trama semplice – dice il regista – ma ho subito capito che ci si poteva lavorare e che si trattava di una storia sulla crisi economica, che ritrae a suo modo gli americani come li vedo io”.
“Il microcosmo criminale – dice Pitt – rappresenta chiaramente qualcosa del macrocosmo sociale che gli sta sopra. Non è un problema per me interpretare personaggi violenti, anche se ho dei bambini. Mi darebbe più fastidio interpretare un razzista che un killer. Ma la violenza è parte del mondo in cui viviamo, bisogna accettarla. Voglio dire, da bambino mi insegnavano ad andare a caccia e a fare il barbecue. Anche quello è violento, si tratta di uccidere e mangiare esseri viventi. Filmare questa violenza senza darne una versione romantica o idealizzata può anzi essere utile per assorbirla senza traumi, come nelle canzoni per bambini. Anche Jesse James era come una canzone”.

“La violenza – dice ancora Dominik – è parte della storia, è l’espressione più estrema del concetto di ‘drama’. Pensiamo ai racconti spaventosi per bambini che permettono di superare i traumi, la paura di essere abbandonati eccetera… Film come questo in qualche modo insegnano a vivere in un mondo di truce concorrenza. E per farlo, bisogna avere una salute mentale forte. Il rapporto che c’è tra i miei personaggi è come quello che esiste tra Io, Es e Super-Io in psicanalisi, sono tutti aspetti della stessa personalità”.

“Possiamo vederla come una metafora del mondo del business – torna a intervenire Pitt, che nel film interpreta un assassino che cerca di uccidere le sue vittime senza farle soffrire, da cui il titolo – anche quel mondo può essere molto spietato. Ci sono delle condizioni e vanno accettate. Così, il mio personaggio tranquillizza le sue vittime, fa credere loro che andrà tutto bene, che non succederà niente di brutto. Poi le uccide. E’ il suo lavoro. Ma sa che se loro sanno di dover morire, l’esperienza sarà molto più traumatica per entrambi, vittima e carnefice. Per quanto mi riguarda, sono nel mezzo tra arte e business e cerco di non pormi problemi. E’ una relazione strettissima che esiste da sempre nel mondo del cinema e non sarò io a discuterla. Il mio lavoro consiste nel dire qualcosa di sensato e importante all’interno del sistema”.

Inevitabile per Pitt la domanda ‘politica’, dato che il suo personaggio, in un incisivo monologo, se la prende direttamente col ‘padre fondatore’ Thomas Jefferson: “Beh, è il punto di vista del film, non necessariamente il mio. Posso dire che Jefferson era uno straordinario architetto. Gli Usa sono un paese diviso, a livello di visione politica, ci sono molte sfaccettature, e una gran ricchezza di idee, giustizia, integrità, innovazioni. Tutto sta a proteggere questi valori”.

Mentre, sul vociferato annuncio del suo matrimonio con la compagna Angelina Jolie, risponde secco: “Non c’è ancora una data”.

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22 Maggio 2012

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