VENEZIA – Un genio dell’animazione mondiale per la prima volta sullo schermo protagonista del documentario di Marco Bonfanti oggi a Venezia Classici, Bozzetto non troppo, nelle sale da ottobre con Luce Cinecittà e a Natale su Sky. Un film che racconta cosa c’è dentro e dietro il mito italiano definito da Diane Disney, figlia di Walt, “una leggenda, come mio padre”, Bruno Bozzetto. Ammirato da milioni di spettatori nel pianeta e tuttavia riservato rispetto ai tanti riconoscimenti ricevuti, dall’Orso d’Oro alla candidatura agli Oscar solo per citarne due.
Attraverso il documentario parallelamente alla scoperta della quotidianità di un artista riprendono vita film e personaggi memorabili: West and Soda, SuperVip e MiniVip, Mister Tao, l’umanità che si annienta di Cavallette, le fantasie di Allegro non troppo fino ell’alter ego universale, il Signor Rossi. Bozzetto non troppo ci fa entrare, guidati dal protagonista, nella sua vita di tutti i giorni, nella sua casa e nel suo studio. Ci presenta i suoi animali, la sua famiglia, gli amici e i collaboratori. Quello che ne viene fuori è l’immagine di un artista che non pone confini tra vita quotidiana e ispirazione creativa, un personaggio “leggero” che rassomiglia ai suoi celebri eroi a cartoon, la cui semplicità dei gesti non è una comune quotidianità ma ricerca costante di un’idea. “Amo la natura perché mi riporta ai tempi giusti, così come inseguo un’altra dimensione importante, quella del silenzio, che favorisce la riflessione”, dichiara Bruno Bozzetto. Un uomo schivo a premi e celebrazioni tanto che a chi gli chiede che effetto gli abbia fatto vedersi nel film risponde “è stato orribile, ho sentito la mia voce e, un po’ come succede a tutti, l’ho trovata antipatica”. Tra un giro di valzer, una partita a poker e una corsa sotto la pioggia, Bozzetto si presta al gioco del giovane Bonfanti, mostrando quella generosità per le nuove generazioni che solo i grandi maestri riescono ad avere. Tanto che, rivela, il progetto che gli piacerebbe portare a termine è proprio un lavoro per i giovani, per aprir loro la strada: “Vorrei realizzare dei corti sulla falsariga di Allegro ma non troppo, passare le mie idee a nuovi talenti dell’animazione, ce ne sono tanti, e lasciare che firmino il progetto in modo da dar loro una concreta possibilità di visibilità. Gli presterei l’aiuto del mio nome e suggerirei i contenuti, ma non firmerei la regia”
Interrogato su cosa l’abbia spinto a realizzare il film, Marco Bonfanti rivela: “Sono un fan di Bruno Bozzetto fin da bambino, quando ogni Natale aspettavo di poter vedere in tv Vip, mio fratello superuomo, che resta tutt’oggi il mio film preferito. Bozzetto è uno dei più grandi registi e creatori di idee di tutti i tempi, un genio del cinema d’animazione riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Ammirato da personaggi come John Lasseter della Pixar o Matt Groening dei Simpson. Quando gli ho parlato della mia idea di fare un film su di lui ho avuto la fortuna che aveva visto e apprezzato il mio film precedente L’ultimo pastore, così ha accettato”. Quello però che il maestro non si aspettava era di dover girare un documentario sui generis, in cui realtà e fantasia si mescolano di continuo e in cui ha dovuto recitare se stesso su uno sfondo vivace e colorato come i suoi leggendari lavori. “Lui si aspettava un film spontaneo, racconta Bonfanti, io gli facevo ripetere la stessa scena sette o otto volte, per scegliere poi quasi sempre una delle ultime riprese perché da lì, per sfinimento, veniva fuori tutta la sua spontaneità. Averlo come attore? E’ stato un incubo!”
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"