Era il lontano 2009. Mentre il mondo del cinema andava alla scoperta del mondo 3d di Pandora nel campione d’incassi di James Cameron Avatar, gli appassionati di videogiochi potevano esplorare un altro pianeta Pandora, grazie al videogioco Borderlands. In entrambe le storie alieni, umani e robot lottavano per delle risorse dal potere inimmaginabile, ma nel videogame targato Gearbox lo si faceva con un approccio alla fantascienza decisamente meno epico, ma più ironico e sopra le righe. 15 anni dopo, in seguito a una travagliata e lunga genesi produttiva, abbiamo finalmente l’occasione di vedere sul grande schermo un adattamento cinematografico firmato per l’occasione dal regista Eli Roth.
A poche ore dall’uscita ufficiale nelle sale di tutto il mondo, il paragone squisitamente cinematografico con il colossal di Cameron appare alquanto improponibile. Attualmente la valutazione di “freschezza” su Rotten Tomatoes di Borderlands recita un impietoso 8% per quanto riguarda la critica e un 51% del pubblico, che ha in parte apprezzato l’intrattenimento caciarone proposto dal regista di Hostel e Green Inferno. Un chiaro fallimento che va in controtendenza con gli ultimi più celebri adattamenti videoludici, quali The Last of Us e Fallout, che potevano però sfruttare a loro vantaggio l’ampio respiro delle serie tv. Forse il formato filmico è troppo riduttivo per adattare colossali opere videoludiche? Di certo lo è stato per Borderlands, che fin dalle sue prime iterazioni è stato un videogioco che puntava più sul carattere di ambientazioni e personaggi che sull’intreccio narrativo vero e proprio.
Ma perché allora si è deciso di realizzare e si è portato avanti per anni – i primi tentativi produttivi risalgono al 2015 – questo coraggioso adattamento? Al netto di pregi e difetti del film di Roth, scopriamo gli elementi più affascinanti e originali della saga videoludica di Borderlands, che conta attualmente tre capitoli ufficiali, un prequel e quattro spin-off.
Come spesso accade in questi tipi di adattamenti, la trama del film non si ispira direttamente a quella di uno dei videogiochi, ma ne prende i personaggi, le situazioni e l’ambientazione per riformulare una struttura narrativa adatta al grande schermo. I riferimenti principali sono legati comunque al primo gioco, quello del 2009, che diede il via all’intera saga. Mentre nei capitoli successivi è possibile esplorare diversi pianeti, qui la storia si ambienta interamente su Pandora, un pianeta che è stato colonizzato dagli esseri umani. A differenza del suo omonimo in Avatar, Pandora e la sua luna Elpis appaiono come dei luoghi desolati che richiamano le pianure di Mad Max e sono abitati da creature pericolosissime e feroci.
Alla base di tutte le storie di Bordelands ci sono i “Cacciatori di Cripte”, gruppi di avventurieri (per non dire pirati) che sfidano le potenti e ricche corporazioni alla ricerca di alcune leggendarie “Cripte”, contenenti tesori alieni di inestimabile valore. In ogni gioco della saga il videogiocatore potrà vestire i panni di uno dei quattro componenti della squadra di cacciatori (sempre diversi di gioco in gioco), ognuno con delle diverse capacità. I personaggi di Borderlands sono tutti guerrieri indomiti e feroci, caratterizzati da un vivace e colorato look postpunk che viene valorizzato da uno stile grafico cartoonesco davvero molto ispirato e che da solo vale il prezzo del biglietto.
Nelle sue otto iterazioni Borderlands ha fornita una quantità spropositata di memorabili personaggi: un bacino enorme da cui attingere. Alcuni dei più iconici sono stati inseriti nel film: Lilith (protagonista del film dove è interpretata da Cate Blanchett), Roland (Kevin Hart), la scienziata Patricia Tannis (Jamie Lee Curtis), Tiny Tana (Ariana Greenblatt) e il mitico robottino Claptrap (doppiato in originale da Jack Black), a cui sono delegate la maggior parte delle gag comiche. C’è poi una tipologia di personaggio talmente caratteristica da essere al centro di tutte le copertine dei giochi: gli Psycho, banditi che sono impazziti a causa dell’ossessione per la ricerca delle Cripte. Con le loro maschere antigas, i pantaloncini arancioni e il più totale sprezzo del pericolo rappresentano uno degli elementi ricorrenti che rendono riconoscibile il franchise.
Ma ciò che veramente rende Borderlands meritevole di un suo adattamento cinematografico è il tono che lo contraddistingue. Volgarità, violenza e umorismo si fondono al servizio di scene d’azione spettacolari con cui vengono valorizzati i poteri dei protagonisti e le affascinanti creature mostruose o robotiche che affrontano. In particolare, gli autori hanno sempre saputo utilizzare con grande maestria una peculiare comicità nonsense che ben si sposa con l’ambientazione fantascientifica, i personaggi sopra le righe e le situazioni improbabili in cui si vengono sempre a trovare. Un potenziale davvero illimitato che si credeva perfettamente in linea con lo stile di Eli Roth. Peccato che qualcosa sembra essere andato storto durante il percorso, compromettendo forse definitivamente il futuro cinematografico di questo franchise.
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