Bonnie Timmermann, 75 anni, newyorkese, ha il talento del “fiuto”: il potenziale di un interprete, il suo essere una star inconsapevole, lo capta, tra istinto e esperienza. Lei è una casting director, un mestiere fondamentale ma nascosto, dietro le quinte, da cui ha permesso però uscissero e brillassero interpreti come Natalie Portman, Bruce Willis, Liam Neeson, Benicio Del Toro, Steve Buscemi, che ammette: “ha visto qualcosa in me che forse gli altri non hanno visto… forse che nemmeno io ho mai visto in me stesso”, queste le parole dell’attore nel documentario che s’intitola con il suo nome di battesimo, Bonnie, a sintetizzare che tutto il suo universo sia racchiuso e dipenda in principio da lei.
Il doc diretto da Simon Wallon è stato presentato a Venezia Classici 2022 e da lì la luce della ribalta s’è accesa anche su di lei, in questa occasione la protagonista della scena: dalla Mostra a Roma (il 4 ottobre, con un evento voluto da U.I.C.D. – Unione Italiana Casting Directors, con il patrocinio di Roma Lazio Film Commission, il contributo dei David di Donatello – Accademia del Cinema Italiano, il supporto di e-TALENTA e di I Wonder Pictures, che distribuirà il film) e Bologna (il 6 ottobre, alla Cineteca), infatti in queste giornate la Timmermann è nel nostro Paese, occasione soprattutto per conoscere meglio – attraverso una figura così carismatica e d’eccellenza – un mestiere imprescindibile ma ancora non così risaltato, almeno non in tutte le cinematografie.
È curiosa la vita della casting director, è interessante, è un mondo che si costruisce con un’architettura propria tra talento e empatia, tra arte e psicologia, ma – al contempo – un universo vivo nell’essere necessariamente canale comunicante di tutto il processo successivo, dell’immaginario a venire del film, della personificazione del personaggio, e di tutto l’irraggiamento fuori dallo schermo che una star può creare.
Bonnie Timmermann è a suo modo un deus ex machina, a lei debbono la propria ribalta anche Kate Winslet, Viggo Mortensen o Mark Ruffalo, e a lei Hollywood deve gratitudine perché ha contribuito, laddove non permesso, la costruzione di un sistema.
Il suo mestiere non ha però solo a che fare con il talento di intercettare talento, ma anche di intercettare persone che hanno permesso e permettono il mutamento della società dello spettacolo: sul grande schermo si accendono i riflettori sugli emergenti o sulle minoranze, in fondo scrivendo così anche una pagine della sociologia dello spettacolo.
Bonnie sa riconoscere e mettere in luce il talento ma la sua complessità di persona e quindi di professonista – come emerge dal documentario – risiede proprio in una visione progressista e rivoluzionaria del mestiere, uno spirito catartico per chi pratica o vorrebbe praticare il suo mestiere.
Timmermann, che ha cominciato a fare la casting director sul finire degli Anni ’70 e ancora non ha smesso, è anche produttrice: di recente ha prodotto In the Land of Saints and Sinners di Robert Lorenz con Liam Neeson (una sua scoperta, appunto), e storica è stata la sua collaborazione con Michael Mann nel 1984, per la serie tv Miami Vice.
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