Da sei anni a questa parte, Melati, una ragazza indonesiana di diciotto anni, sta combattendo con tutte le sue forze l’inquinamento da plastica che sta devastando il suo paese. Ma lei non è sola in questo sforzo. In tutto il mondo, una nuova generazione di giovani si sta ribellando contro le ingiustizie e sta lottando per rendere il mondo un posto migliore. Si battono per i diritti umani, per il clima, per la libertà di espressione, per la giustizia sociale, l’accesso all’istruzione e al cibo, per la dignità di ogni individuo.
Questi giovani agiscono spesso da soli, contro ogni previsione, rischiando talvolta la propria vita e la propria incolumità, per proteggere, denunciare e prendersi cura degli altri e del nostro pianeta. Il loro coraggio e la loro determinazione stanno portando a un cambiamento senza precedenti.
Arriva in sala con Arthouse e I Wonder Pictures Bigger than Us, documentario francese prodotto, tra gli altri, da Marion Cotillard per All You Need is Prod.
Melati ha deciso di incontrare questi giovani in tutto il mondo, per imparare da loro come resistere e continuare la sua battaglia per la salvaguardia dell’ambiente.
Da Rio de Janeiro alle remote città del Malawi, dalle barche improvvisate al largo dell’isola di Lesbo alle cerimonie dei Nativi Americani sulle montagne del Colorado, Melati incontra Rene, Mary, Xiu, Memory, Mohamad e Winnie, giovani che incarnano il coraggio, la gioia e la determinazione di chi lotta per una causa più grande di sé. In un periodo in cui tutto sembra in frantumi, questi giovani ci insegnano come vivere e cosa significa far parte del nostro mondo.
La regia è di Flore Vasseur, anche romanziera – con particolare interesse critico al mondo della finanza e a quello della tecnologia – e produttrice, e la pellicola è stata presentata con successo al Festival di Cannes.
Così Vasseur parla del suo rapport con Cotillard: “Sappiamo tutti che Marion è molto impegnata in cause sociali, ma siamo meno consapevoli di ciò che questo implica e di quello che può innescare. Ci siamo incontrate durante un fine settimana in cui imprenditori sociali, attivisti e cineasti si sono riuniti attorno all’attivista indiano Satish Kumar. Marion era venuta con la sua bambina di cui si occupava tra le sessioni di lavoro. Mi sono ritrovata a guardarla più volte, toccata dai gesti e dall’amore che dimostrava per lei. Mi sono riconosciuta nel modo in cui le parlava, la vestiva, la metteva a dormire, nel modo in cui era madre. Nel suo modo di essere madre. E Bigger than Us, penso, è anche un progetto materno. Mi sono avvicinata con la paura di disturbarla, per poco quasi me ne andavo. Marion è troppo spesso avvicinata da persone che pensano di avere il Graal; ma qualcosa le è suonato giusto e ha voluto sapere di più del mio progetto cinematografico. Ci siamo incontrate di nuovo il giorno successivo a Parigi e da quel momento siamo sempre rimaste l’una a fianco all’altra. Da un film sulle madri, è diventato un film sulle sorelle. Marion è stata presente in ogni fase, in ogni momento difficile. Quante volte mi ha rimesso in sella, quando ero stanca o scoraggiata, sul punto di darmi per sconfitta o alla ricerca di una facile via d’uscita. Ha una presenza straordinaria. Quando è con te puoi sollevare le montagne. Come produttore ha anche portato una persona chiave per il progetto, Christophe Offenstein, il direttore della fotografia. E’ stata anche presente a tutti gli incontri. Certamente ci ha aiutato ad aprire le porte giuste. E non ha permesso che qualcosa passasse inosservato. Nessuna strada facile”.
“Il titolo parla chiaro – dice invece la protagonista Melati – è più grande di noi, va oltre noi, fa parte di un movimento. Ricordo alcuni momenti durante le riprese in cui ho fatto un passo indietro, per esempio durante una pausa pranzo; da lontano osservavo Flore, il team di tecnici, e anche questi straordinari giovani che sono Winnie, Rene, Xiuhtezcatl, i «personaggi» del film. E poi mi sono chiesta un po’ inquieta: perché io? Perché sono qui? Che senso ho tra tutte queste persone? Ma la risposta è stata semplice e mi ha riportato a una grande modestia: dovevo solo rimanere concentrata sul «quadro più ampio», vale a dire il progetto umano di questo film, che è un film corale, e non ho mai messo alcun ego nel mio modo di pormi. Durante le riprese Flore e io abbiamo camminato e siamo cresciute insieme. Abbiamo una relazione molto sincera e diretta, resa possibile da un profondo rispetto reciproco. Ci diciamo tutto in modo molto franco e abbiamo persino avuto delle discussioni. Ma è una fortuna, non molte persone sono in grado di farlo: essere così onesti nel modo in cui ci si dicono le cose, anche nel disaccordo. Abbiamo due personalità forti ma si sono fuse in questo progetto e in questo slancio collettivo che è più grande di noi”.
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