VENEZIA – La giuria opera prima ha perso un giurato per strada. Non arriverà al Lido lo sceneggiatore romeno (ma vive a Berlino) Razvan Radulescu, che è stato derubato di tutto – la valigia, i documenti, il computer dove erano memorizzati tutti i suoi lavori – praticamente lasciato nudo, sul TGV che dalla Francia lo stava portando a Venezia. Ora cerca di recuperare almeno il passaporto. La giuria del Leone del futuro, presieduta dalla regista Haifaa Al Mansour, resterà composta di sei persone, tra cui l’italiana Maria Sole Tognazzi.
Non verrà per ora al Lido neanche il ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray, almeno non per l’inagurazione di stasera. È impegnato nella riunione del Consiglio dei ministri, quella in cui si decide sull’Imu. Dall’entourage del titolare del Mibac fanno sapere che potrebbe arrivare comunque a Venezia in tarda serata, ci sarà di sicuro in altre due date: lunedì prossimo per partecipare a un convegno e il 6 settembre in occasione della presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
C’è invece Bernardo Bertolucci, presidente della giuria del concorso. Un ruolo a cui si è piegato dopo non poche resistenze. Il 72enne cineasta, che era già stato presidente della giuria qui a Venezia nell’83, quando vinse il Leone d’oro Prénom Carmen di Godard, aveva detto no a gennaio a una prima richiesta del direttore Alberto Barbera. “Poi, ad aprile – dice Barbera – sono tornato alla carica scrivendogli una lunga lettera anche a nome dei selezionatori”. Racconta il regista di Ultimo tango a Parigi: “Avevo rifiutato perché so che fare il giurato è una fatica tremenda, la lettera mi ha convinto perché mi richiamava a certe responsabilità verso il cinema e i giovani autori. Forse quando tornerò a Roma, quella lettera la brucerò, infatti mi sono arrabbiato moltissimo quando Barbera, che mi aveva promesso due film al giorno, ha portato il concorso da 18 a 20 titoli, costringendoci a vederne tre per due volte”.
Sui premi, che assegnerà insieme ad Andrea Arnold, Renato Berta, Carrie Fisher, Martina Gedeck, Jiang Wen, Pablo Larraín, Virginie Ledoyen e Ryuichi Sakamoto, il maestro di Parma ha un’idea ben chiara, vuole che siano inattesi persino per la giuria: “Spero che il concorso ci sorprenda, che vinca un film imprevedibile”. Della selezione di Barbera dice anche che ha la sua forza nei rischi che prende. In giuria ha ritrovato diverse conoscenze, tra cui Sakamoto, che firmò le musiche dell’ Ultimo imperatore. E in platea c’è un giornalista cinese che rivela di aver deciso di imparare l’italiano – che parla piuttosto bene, anche se con qualche espressione barocca – proprio dopo aver visto quel mitico film, appena tornato in versione 3D. “E’ un onore che qualcuno abbia studiato l’italiano per colpa del mio film”, commenta laconico Bernardo. Lo ritroveremo, tra un paio di giorni, nel documentario di Luca Guadagnino e Walter Fasano Bertolucci on Bertolucci, film saggio che scava in oltre trecento ore di materiali d’archivio con un’intervista che vuole penetrare l’identità di un uomo che è “il cinema fatto corpo”.
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Opera prima del giornalista d'inchiesta Peter Landesman, Parkland, il film prodotto da Tom Hanks, non aggiunge nulla alla conoscenza dell’attentato a John Fitzgerald Kennedy, ma si concentra sulle storie umane che ruotano attorno a quei quattro giorni. Il film andrà in onda su Raitre il 22 novembre alle 21 per i cinquant'anni dell'attentato, a seguire alle 22.50 Gerardo Greco condurrà in studio la diretta di Agorà “Serata Kennedy”
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