CANNES – “E perché no?”. Risponde semplicemente così Bernardo Bertolucci a chi gli chiede come mai abbia voluto aggiungere una terza dimensione a L’ultimo imperatore, il film che nel 1987 gli fruttò 9 Oscar e che oggi viene presentato sulla Croisette in versione stereoscopica. “L’ho fatto perché vorrei rivedere in 3D tutti i film che amo. Questo l’ho visto per la prima volta un mese fa a Londra e mi è sembrato una magica trasformazione, soprattutto la prima parte, quella in cui Pu Yi è bambino e adolescente. E’ come se avessi riscoperto un film che non vedevo da 25 anni”.
Il maestro Bertolucci è rilassato, profondo, arguto e ironico come al solito, anche perché a Cannes ormai è di casa. L’anno scorso era qui per presentare Io e te, nel 2011 venne a prendere la Palma alla carriera, per non parlare di tutte le volte in cui ci è stato a partire dal 1964, quando presentò Prima della rivoluzione alla Semaine de la critique. D’altronde, come confessa, “nelle stanze del Carlton ho passato ore di grande ansia negli anni, e in diversi ruoli. Come quando dovetti imparare a memoria due righe in giapponese per il premio a Kurosawa. Quando gliele declamai si mise a ridere”.
Il portare su una Croisette bagnata dalla pioggia e spazzata dal vento il suo kolossal è per lui “come una grande madeleine” proustiana (elemento che rievoca un ricordo NdR), “rimetterci mano ha richiesto circa 10 mesi e due milioni di dollari, e mi ha ricordato le ragioni per cui decisi di fare cinema. All’epoca sognavo un film che ricordasse a Hollywood il suo passato di film epici”.
Dopo la serata cannense in suo onore, Bertolucci è proiettato sul futuro. A settembre sarà (di nuovo, dopo che nel 1983 premiò Prénom Carmen di Godard) il presidente di giuria della Mostra di Venezia. Poi, probabilmente, si metterà al lavoro sul nuovo film. Della prima evenienza dice “non potevo non accettare, vista la lettera tremendamente convincente di Barbera. Non mi dispiace essere lì per 10 giorni a nutrirmi di film”. Poi rievoca quella prima volta in cui “aveva pensato in anticipo di premiare Godard perché non aveva mai ricevuto un riconoscimento, ma lo meritava per aver cambiato il cinema”. Al prossimo appuntamento lagunare, invece, promette di andarci “senza pregiudizi. Sono passati 30 anni e ora non ci sono priorità che non siano la bellezza. O forse la grande bellezza”.
Sul suo ritorno sul set, invece, è molto più reticente. “Ho un’idea che mi torna spesso in testa ma non sono ancora riuscito a trovare la forma giusta. Mi sembra di essere come un vasaio che sta creando un oggetto che cambia forma sulla ruota da un momento all’altro”. Ma suggerisce che gli piacerebbe realizzare un “kammerspiel kolossal…”.
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