BERLINO – “Il futuro del cinema è femmina” è lo slogan che campeggia sulla maglietta indossata durante la conferenza stampa dei giurati dal curatore del MoMa di New York, Rajendra Roy, tra i membri della giuria internazionale della 69ma edizione della Berlinale, una kermesse che si annuncia sotto il segno dell’uguaglianza e della parità di genere con la sua forte presenza femminile tra registe, selezionatrici e giurate, tra cui la stessa presidente della giuria Juliette Binoche che ha rivelato una conversazione avuta tempo fa con il direttore uscente Dieter Kosslick, col quale si era si era complimentata per la presenza nel concorso di sette film con regia al femminile. ”Non li ho selezionati perché realizzati da donne, ma perché sono dei grandi film”, è stata la risposta di Kosslick. “Un bel passo avanti, dieci anni fa non era così” il commento della Binoche che interrogata, poi, sulla sua esperienza con Weinstein, con cui ha lavorato in numerosi film tra cui Il paziente inglese per il quale ha vinto un Oscar, ha voluto sottolineare di non aver mai avuto problemi con lui, aggiungendo che come produttore è stato meraviglioso, almeno il più delle volte. “Penso si sia già detto abbastanza – ha continuato – molti hanno espresso la propria opinione, anche io l’ho già fatto in passato, ora è il tempo di andare avanti e lasciare che ognuno faccia il proprio lavoro e che la giustizia faccia il suo corso”.
Una manifestazione che si annuncia, in un certo senso, anche politica: “Un buon festival deve essere umano – rimarca la Binoche – mettere sul tavolo i sentimenti, parlare del presente e indicare qualcosa alle generazioni future. Se lo fa, in quanto umano è un festival anche politico”.
Tema inevitabile Netflix, che ha fatto quest’anno il suo ingresso al concorso di Berlino con Elisa y Marcela di Isabel Coixet: “Un nuovo modo di produrre, in un certo senso eccitante proprio perché nuovo” lo definisce la Binoche. Qualcosa a cui non si dice del tutto contrario il giurato e regista cileno Sebastián Lelio (A Fantastic Woman), che però esprime chiare le sue preferenze: “Siamo ad un incrocio, non so come andrà avanti ma, in ogni caso, non penso che il cinema tradizionale sia destinato a morire. Continuo ad essere un difensore di quella magica esperienza collettiva che è vedere un film in sala, senza il cinema il film è qualcosa diverso”.
Tra gli altri membri della giuria l’attrice tedesca Sandra Hüller – dal 14 febbraio nei cinema italiani con Un valzer tra gli scaffali di Thomas Stuber, presentato l’anno scorso a Berlino – la regista e produttrice britannica Trudie Styler e il critico cinematografico del Los Angeles Times Justin Chang che, interrogato sui gusti personali in fatto di cinema, ha risposto senza esitazioni: “Uno dei miei film preferiti è Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, presentato lo scorso anno a Cannes. Un film delicato ma al tempo stesso molto potente”.
Il nuovo comitato di selezione del festival sarà composto da sette membri guidati da Mark Peranson: gli altri sono Lorenzo Esposito, Sergio Fant, Aurélie Godet, Paz Lázaro, Verena von Stackelberg, Barbara Wurm
Mehmet Akif Büyükatalay con la sua opera prima Oray ha vinto il GWFF Best First Feature Award alla Berlinale
"Scrivere questo film ha significato per me raccontare una verità, cosa che è diventata nel nostro paese sempre più difficile”. Questa è la dichiarazione di Roberto Saviano, vincitore del premio per la sceneggiatura alla 69ma Berlinale, assieme a Maurizio Braucci e al regista Claudio Giovannesi, per La paranza dei bambini, tratto da un suo romanzo
Orso d'argento per la sceneggiatura a La paranza dei bambini, Premio Fipresci per Dafne e un'accoglienza positiva per tutti i titoli della selezione italiana alla 69esima Berlinale. Il denominatore sorprendentemente comune sono i protagonisti di questi film, ragazze e ragazzi colti nella vita reale o a cui viene chiesto di interpretare personaggi vicini alla loro esistenza