Effetto amore, certamente. Amore di attrici per un film “intimo”, più che digitale. È emozionalmente tattile L’amore probabilmente, come toccato con corpo&anima dalle sue interpreti, felici di essere state guidate da Giuseppe Bertolucci sul bilico fra verità della recitazione e bugie della vita. Ecco diversamente belle per sguardo e voce Sonia Bergamasco, la Sofia in viaggio interiore, e Rosalinda Celentano, l’amica Chiara che vomita l’inganno.
Per la Bergamasco, approdata al cinema (Il mnemonista e l’imminente Quello che posso permettermi) dopo anni di teatro con Bene e Castri, il film che ha aperto la sezione neo-competitiva “Cinema del presente” “è stato un insolito cammino che mi ha felicemente provata. Ho vissuto sul set con uno spirito di grande libertà. Il mio personaggio, il filo rosso della continuità narrativa nei tre capitoli della storia, è calato nella quotidianità ma pieno di guizzi e fantasie. Con Sofia ho compiuto un lungo percorso che culmina con il mio-suo viso mostrato in ripetuti primi piani nell’ultima parte del film, mentre esplode il desiderio di sedurre che è proprio del nostro mestiere”. L’incontro con la videocamera digitale l’ha sedotta e lo definisce “Sconvolgente, molto intimo, un occhio erotico ravvicinato che ti fa venire fuori tutto il non detto, il non fatto di una storia”.
Per la Celentano il percorso d’amore è l’unico possibile. Per vivere da…non-attrice. “Per me il cinema è un privilegiato gioco serio. Ma non mi sento attrice. Nel mio cammino dai 18 anni agli attuali 33 ho cercato di capire chi non sono e cosa non voglio. Il mio filo conduttore è sempre l’amore. Innanzitutto per la musica e la pittura che vengono prima di tutto. Mi stravolgono e mi fanno perdere il senso del tempo. Se gli dei esistono, sono l’effetto della musica. Io sono amore, sennò non riesco a parlare nè a vedere il mare che ora ho di fronte. Così L’amore probabilmente è stata una vittoria di sentimenti già mentre lo giravamo in magnifica armonia, una prova complessa ma liberatoria guidata dalla sensibilità di Giuseppe Bertolucci”. Rosalinda Celentano, che parla di Yuppi Du come dell’unico capolavoro da regista-attore di suo padre Adriano, ammette di essere una “creatura estremista che ha bisogno di parlare e parlare ma soprattutto di essere”. Della sua vita privata dice: “Vivo in una casa senza tv, con pochi abiti e pochissimi mobili. Non ho il cellulare. Non faccio distinzioni di sessualità fobiche e problematiche. Rapporto tutto, lo ripeto, all’amore, ma so che vivere con semplicità è difficile in questo sistema. Forse sono irrefrenabile nel mio essere me stessa, ma talvolta il cinema mi frena con le sue redini, perchè implica ricordare battute, dare la faccia, muoversi adeguatamente. È una terapia”. Probabilmente non come l’amore.
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