Alla Casa del Cinema di Roma, febbraio ha inizio all’ombra dei grandi autori. Dopo il debutto della rassegna “Carta Bianca con Martin Scorsese”, prosegue il cartellone di classici selezionato per il pubblico da maestri del cinema come Marco Bellocchio, ospite ieri alla Sala Cinecittà in occasione della proiezione di Citizen Kane. Il capolavoro di Orson Welles tornerà nei cinema in nuova versione restaurata dal 24 marzo.
“Quanti hanno già visto il film?” chiede Bellocchio alla sala. 118 le mani che si alzano, una per ogni posto a sedere. I classici sono i classici, e si torna a scoprirli in ossequioso silenzio. L’età della platea non segue ordini o traiettorie: giovanissimi accorsi dal liceo e cinefili d’annata, riuniti da Welles e Bellocchio. “Questo per me è stato un film formativo – sottolinea il regista – l’ho visto e rivisto, è fatto di un mistero che arriva alla fine con una maestria eccezionale”. Solo 25 anni aveva Welles quando diresse e interpretò Citizen Kane, conosciuto in Italia come Quarto Potere. “Lo vedi l’entusiasmo e la scoperta di un giovane che reinventa continuamente le forme del racconto”. Anche Bellocchio ha iniziato a 25 anni, ma avverte: “Non mi voglio paragonare”. Anche a inizio incontro aveva messo le mani avanti quando a Scorsese era stato abbinato il suo nome. “Welles ha avuto il coraggio di realizzare cose contro il gusto comune, senza nessun compromesso”.
Citizen Kane è solo il primo dei titoli che compongono “Carta Bianca a Marco Bellocchio”. Il regista ha selezionato per il pubblico sei grandi classici, da Murnau a Chaplin, passando per Dreyer, Fellini e Bresson. Film senza tempo, sempre pronti a nuove incarnazioni. Del Nosferatu di Murnau, che Bellocchio descrive con sguardo rapito, quest’anno vedremo anche la versione di Robert Eggers, a conferma dell’esistenza di alcuni spiriti nel cinema a cui piace tornare. E de Il grande dittatore? “Cosa vuoi dire a Chaplin: è Chaplin”. Bellocchio ricorda la prima volta che vide il capolavoro pacifista del comico, ma solo di recente, ammette, sente davvero di averlo capito. “Mi ha emozionato profondissimamente, più da vecchio che da giovane”.
Tra i titoli e i registi scelti da Bellocchio, alcuni vengono dalle sue recenti visioni, lungometraggi a cui è tornato dopo tanti anni in cerca di spunti per il suo nuovo progetto, la serie su Enzo Tortora. “Ho voluto rivedere Il processo di Orson Welles, di cui riprenderò per il mio Tortora lo stupore che trova delle ragioni ma che come una ferita non è rimarginabile”. Sollecitato sullo stato dei lavori della serie, Bellocchio alza le mani: silenzio stampa. Condivide però una speranza. “Speriamo che si possa fare. Sono tempi strani, non si capisce bene cosa può succedere“.
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