Beki Probst: “Dopo la crisi, finalmente la ripresa”


BERLINO – Una ripresa moderata, ma pur sempre una ripresa, quella dello European Film Market della Berlinale, dopo due anni in cui la crisi ha fatto sentire i suoi effetti e spaventato molti operatori. I numeri del 2011 – per il mercato cinematografico che, arrivando a inizio anno, apre le danze del business del grande schermo dal 1978 – sono decisamente incoraggianti. 400 le compagnie accreditate, circa 60 paesi (con le new entry di Albania, Namibia, Qatar e Emirati Arabi), 1.532 buyer (nel 2010 erano 1.365), 741 film, 1.046 proiezioni di cui 570 prime di mercato e ben 6.700 partecipanti. “Senza voler essere troppo ottimista, posso dire che quest’anno è andato meglio del 2009 e del 2010, in cui abbiamo risentito della crisi. Siamo in ripresa, anche se forse non torneremo mai ai livelli precedenti la flessione”, dice a CinecittàNews Beki Probst, alla guida dell’EFM dal 1988.

 

E’ soddisfatta, dunque, dei risultati di quest’anno?

Sì, abbiamo avuto buoni riscontri dai buyer e dai venditori, ed è bello sentire da loro che la situazione è migliorata dopo che nel 2009 e 2010 alcuni addirittura temevano di dover smettere l’attività. Era drammatico: quando si firma un contratto per la vendita di un film, se non viene pagato, si crea una grossa difficoltà per tutti, è come una catena che si interrompe danneggiando tutti gli anelli.

 

Quest’anno alla Berlinale c’è stato una sorta di 3D Day. Che ruolo sta avendo questa nuova tecnologia nel mercato?

C’è stato un aumento sostanzioso dei film in 3D tra l’anno scorso, quando erano solo 11, e quest’anno che ne avevamo 26. Infatti abbiamo deciso di prendere di nuovo l’Astor Lounge per offrire una buona sala per le proiezioni in 3D, in aggiunta alle altre sale attrezzate del festival. La nuova tecnologia è la sfida più grande dell’anno: prima dovevamo gestire solo il 35 millimetri, oggi abbiamo a che fare con copie DCP, 3D e tanti altri formati. Tutto diventa più complicato ma è una rivoluzione che va sostenuta, anche se non si possono avere sempre i film come Avatar o come Pina di Wenders, che sono magnifici. Alcuni film, se sono brutti, fatti in 3D lo diventano ancora di più.

 

Ancora prima che iniziasse il festival si parlava dell’arrivo di Madonna per presentare il suo nuovo film. Com’è andata?
Madonna è venuta all’EFM sabato 12 e ha proiettato 9 minuti del suo nuovo film W.E.. Era la società che ci gestisce le proiezioni ad avere la responsabilità della sua presenza qui, quindi noi giravamo le curiosità dei giornalisti a loro e loro rispondevano sempre “no comment”. Madonna non ha voluto rilasciare nessuna intervista, ha partecipato alla proiezione, che era ad inviti e proibita alla stampa, e poi è andata in giro con il suo compagno. Per noi era una proiezione normale, tranne per il fatto che coinvolgeva una star. All’American Film Market succedono spesso queste cose, ad esempio l’anno scorso si presentò George Clooney; ma lì è tutto normale perché sono vicini a Hollywood, per noi diventa un fatto eccezionale.
 
Quest’anno alla Berlinale c’era davvero poca Italia.
Questo mi dispiace perché in me c’è molta italianità, ma i posti sono limitati, e come dice Dieter Kosslick il concorso non è come le Olimpiadi, in cui devono essere rappresentati ogni volta tutti i paesi…

 
Quali sono i film del festival che hanno avuto maggiore successo all’EFM?
Sicuramente l’iraniano Nader and Simin, A separation, Tomboy e diversi titoli di Panorama, tra cui anche dei documentari. Il grande cinema americano a volte fa film magnifici, ma spesso sequel senza idee. Per questo ora vanno meglio i film indipendenti che, soprattutto in tempi di crisi, sono costretti a usare il massimo della creatività.
 
I più grandi mercati internazionali sono Berlino, Cannes e l’AFM. Stanno cambiando i loro “rapporti di forza”?
Siamo tutti diversi, noi siamo sempre quello più politico e “arthouse”. L’EFM collabora spesso con Cannes, a volte discute con l’AFM, ma è bello scambiarsi le esperienze e cercare insieme soluzioni a problemi condivisi. Da qualche anno c’è anche la Business Street del Festival di Roma: è un bene avere in autunno un punto di incontro in Europa, in cui si ha il tempo di discutere dei progetti, soprattutto da quando non c’è più il Mifed.

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18 Febbraio 2011

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