Barbora Bobulova


B. BobulovaNel 1992, a 18 anni, ha debuttato nel ruolo di Giulietta al Teatro Nazionale di Bratislava. Qualche anno più tardi la casting Fabiola Benzi l’ha scelta per Infiltrato di Claudio Sestieri e Il principe di Homburg di Marco Bellocchio. Così Barbora Bobulova è arrivata in Italia.

Lunedì 21, giornata di apertura della rassegna Lo schermo è donna a Fiano Romano, l’attrice slovacca ritirerà il premio De Santis al miglior volto emergente del cinema italiano.

Un successo legato all’interpretazione de La spettatrice, film di Paolo Franchi con cui ha sedotto la critica. La prossima stagione la vedremo con Stefano Accorsi in Ovunque sei, film diretto da Michele Placido per Cattleya e in Tartarughe sul dorso, opera prima di Stefano Pasetto girata a Trieste in 5 settimane ½.

Partiamo da “La spettatrice”, il film di svolta.
La spettatrice è stato un grande passo avanti dopo un lungo periodo di assenza dal cinema. Paolo Franchi ha avuto il coraggio di utilizzarmi in modo inedito e su quel set ho imparato a lasciarmi andare e fidarmi completamente del regista. Ho sorpreso me stessa e ho capito che buttarsi alla cieca funziona.

Sei stata censurata per una scena di masturbazione. Come hai reagito?
In quella decisione c’ è stata incompetenza. Trovo bizzarro vietare la visione di un gesto di amore e disperazione e permettere quella della carne violentata di La passione di Cristo.

Raccontaci il tuo ruolo in “Ovunque sei”.
B. BobulovaE’ una storia sulla fatalità dell’amore, sull’impossibilità di programmare la propria vita, sulla responsabilità e i sensi di colpa. Mette in scena il rapporto consumato tra un uomo e una donna. Vivono insieme da 10 anni. Un incidente sconvolge la loro vita. Sono entrambi medici – lui al pronto soccorso, lei, Emma, in un reparto di neurochirurgia dunque a stretto contatto con il sangue e la morte. Ecco, forse la morte è la vera protagonista. Una tema caro a Michele, persona carnale e fisica anche sul set. Per me è stato come un padre severo e affettuoso allo stesso tempo. Dietro la macchina da presa è imprevedibile, capace di cambiare battute tra un ciak e l’altro.

Emma è un personaggio tutt’altro che leggero…
Sì. Come quello che interpreto in Tartarughe sul dorso. Una donna senza nome coinvolta in un reciproco inseguimento con un uomo (Fabrizio Rongione). Lei prende sempre il treno sbagliato ma alla fine avrà la lucidità di capire ciò che non vuole. Sono personaggi diversi, tuttavia in comune hanno la tristezza, l’essere in lotta con se stessi e col destino. Ora mi piacerebbe un ruolo più leggero, ma ancora non ho trovato una commedia davvero divertente.

Con quali registi italiani vorresti lavorare?
Amo Crialese, Garrone, Marra e Sorrentino. Spesso scelgono facce poco note: a volte preferirei rimanere sconosciuta per avere la possibilità di lavorare con loro.

Le tue attrici di riferimento?
Adoro le francesi: Jeanne Moreau, Isabelle Huppert, Juliette Binoche, Sandrine Bonnaire. Mi emoziona la loro recitazione sottile, interiore e misurata. E’ simile a quella della scuola da cui provengo. A differenza dell’Italia, i teatri slovacchi sono piccoli, il contatto col pubblico immediato. Non è necessaria una recitazione che gioca sugli eccessi come fa, ad esempio, la commedia dell’arte italiana.

Tornerai a teatro?
Mi piacerebbe portare in Italia Joseph Gombar, un regista slovacco di cui mi fido ciecamente.

Come hai vissuto l’ingresso della Slovacchia nell’UE?
Ha reso la mia vita più facile perché non ho più bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno, complicato da ottenere senza una datore di lavoro fisso. Ma gli slovacchi, ad esempio i miei genitori, non ne sono entusiasti. Hanno sempre vissuto sotto una dittatura e ora temono nuove imposizioni dall’occidente. Hanno paura di essere trattati come cugini poveri dell’Europa.

autore
18 Giugno 2004

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