“Something Good l’ho proposto al Festival di Roma, ma non l’ha voluto, lo dico senza polemica, si tratta di una scelta comunque legittima. Il mio film si articola su tre livelli: redemption story, thriller e storia d’amore”. Luca Barbareschi, a distanza di oltre 10 anni dal suo secondo film Il trasformista – il primo del 1997 s’intitolava Ardena – torna dietro la macchina da presa con una pellicola recitata in inglese, girata in 6 settimane e mezza e costata cinque milioni.
Il film, in uscita il 7 novembre in 150 copie con 01, è liberamente tratto dal romanzo ‘Mi fido di te’ di Francesco Abate e Massimo Carlotto, una vicenda grottesca ambientata tra il Nordest e Cagliari. “Un libro che noi produttori ci siamo rimbalzati per parecchio tempo, finché ne ho tratto un film completamente diverso, con al centro tuttavia il tema là affrontato: la sofisticazione alimentare”. Così spiega Barbareschi che ne è il regista, il protagonista insieme alla star cinese Zhang Jingchu, e il produttore – insieme a Rai Cinema con il contributo del MiBACT – con la sua Casanova Multimedia che ha realizzato di recente le miniserie tv sulla vita di Adriano Olivetti, Walter Chiari e il Trio Lescano.
Il tema forte che fa da collante ai tre livelli prima citati dal regista, è il traffico internazionale di alimenti adulterati ad opera di multinazionali che ha superato per dimensioni quello della droga. E’ il caso, richiamato dal film di Barbareschi, della Cina dove nel 2008 il latte per bambini adulterato con la melammina provocò la morte di sei piccoli e malattie croniche di 300mila bambini. O quello del pesce radioattivo, pescato nel mare di Fukushima, finito sulle tavole dei paesi balcanici, come ricorda il regista.
In Something Good Matteo/Luca Barbareschi lavora per una multinazionale, con sede a Hong Kong, che fa affari con il cibo contraffatto. Fuggito dall’Italia, dopo aver salvato dal sequestro un carico in arrivo nel porto di Gioia Tauro, Matteo si ritrova, grazie ai suoi successi, a ricoprire un ruolo importante nella multinazionale cinese. Ma il top della sua carriera criminale coincide con l’incontro casuale con una giovane donna, Xiwen/Zhang Jingchu che, dopo aver perso il suo unico figlio avvelenato da un succo adulterato, ha aperto, in memoria del bambino, un ristorante attraverso il quale conduce, tra difficoltà economiche, una battaglia per l’utilizzo di cibi autentici e naturali.
Matteo e Xiwen dovrebbero essere destinati all’odio reciproco e invece dal loro incontro nasce imprevisto l’amore, ma vengono a galla anche le rispettive verità.
“Racconto la storia di un uomo che si assume delle responsabilità e ammette di aver sbagliato. Non mi considero un autore, ma un regista che ama molto quel cinema americano che, attraverso film di genere, sa narrare storie bellissime”. Insomma il tentativo è stato quello di offrire allo spettatore una vicenda appassionante nella quale la denuncia sociale non va a discapito della struttura narrativa e dell’intrattenimento come dice Francesco Arlanch, che firma la sceneggiatura insieme ad Anna Pavignano e allo stesso Barbareschi.
Del resto il regista è convinto che la ripresa del cinema italiano passi attraverso i generi. “Credo che il pubblico che ha apprezzato La migliore offerta di Tornatore non rimarrà deluso da questo mio thriller”.
La scelta non facile di essere anche l’interprete è stata dettata dalle circostanze: il rifiuto di due attori italiani di essere diretti da Barbareschi e i costi eccessivi di un volto noto americano. “Alla fine mi sono fatto i provini e non mi sono sentito così vecchio per questa storia d’amore”.
Non è stato facile girare in Cina dove occorre avere il via libera dalla censura, tant’è che le riprese nel villaggio cinese meridionale sono avvenute in modo quasi clandestino. “Anche le scene dell’ippodromo di Hong Kong sono state ‘rubate’, cioè avvenute senza permessi”.
Something Good, che si avvale per i costumi di Milena Canonero e per la fotografia di Arnaldo Catinari, è stato presentato al Festival di cinema italiano di Hong Kong, ha vinto il festival di Honolulu ed è stato invitato a quello di Palm Springs.
“Spero di distribuire presto il film in Cina, superando le difficoltà che sono legate alla presenza di un titolo europeo in un mercato dominato dagli americani. Lo vedranno a giorni l’ambasciatore e il console cinesi”, conclude Barbareschi.
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