La Marvel se la cavava già bene nel corso della prima decade degli anni 2000, con i film singoli di supereroi che fatturavano bene e poi con l’acquisto della compagnia da parte della Disney. Ma è fuor di dubbio che il successo planetario che ha sdoganato il genere supereroistico non senza sacrifici – ad esempio una forte contaminazione con la commedia che non sempre si sposa bene con i toni epici delle avventure dei personaggi in calzamaglia e armatura – sia arrivato con il primo crossover, Avengers del 2012, dove tutti gli eroi si incontravano (proprio come succede nei fumetti) per combattere una grande minaccia cosmica. Una conferma fondamentale: al pubblico piace vedere tanti personaggi che conosce agire tutti insieme, così anche gli spettatori, fan dell’uno o dell’altro, uniscono le forze per decretare tutti insieme il successo della pellicola.
Di lì in poi, tutti i film Marvel sono stati un po’ dei crossover: i personaggi si sono continuati a incontrare e a ospitare l’uno nelle pellicole dell’altro, in un continuo gioco citazionistico che ha cominciato, allargando un po’ il discorso, a prendere piede non solo in casa Marvel, ma in generale a Hollywood, vedasi il successo del recente Ready Player One di Spielberg, grosso contenitore di citazioni e riferimenti alla cultura pop degli anni 80, 90 e 2000.
E anche in Avengers: Infinity War, che esce in sala oggi, affresco mastodontico che supera le due ore e mezza, il gioco principale è più godibile è quello di passare in rassegna tutti i personaggi presenti, dagli Avengers – momentaneamente scioltisi dopo il litigio tra Iron Man e Capitan America in Civil War – a Spider-Man passando per Black Panther e I Guardiani della Galassia. E’ il crossover di tutti i crossover, tutti uniti per fronteggiare il supercattivo Thanos, psicopatico galattico convinto di dover decimare gli abitanti dell’universo per evitare la sovrappopolazione – interpretato digitalmente da Josh Brolin.
Il resto del film è classico stile Marvel, con una prima parte molto appesantita da siparietti ironici che non vogliono proprio saperne di dosarsi, insistendo su battute e controbattute non sempre tanto divertenti da giustificarne la presenza massiccia, qualche faciloneria nel risolvere una serie di situazioni a livello di sceneggiatura e una seconda molto meglio orchestrata tra scene di battaglia di massa e innesti action, fino a un finale sorprendentemente molto epico e dark che recupera un po’ lo spirito dei fumetti come erano ‘qualche tempo fa’.
Non aspettatevi una conclusione definitiva, comunque. Molte sottotrame restano in sospeso e si risolveranno con il film successivo in arrivo nel 2019, che avrà anche il compito di risolvere la questione del ‘rilancio’, dato che gli attori che interpretano gli eroi cominciano a immaginare, dati anche i sopraggiunti limiti di età, di fare altro. Chris Evans, interprete di Capitan America, ha già annunciato che non firmerà il rinnovo dopo il prossimo film, e Robert Downey Jr., uomo sotto l’armatura di Iron Man, sta cominciando a chiedere un po’ troppi soldi. Probabilmente si punterà sui giovani e Spider-Man (Tom Holland) potrebbe tornare a fare da perno al centro dell’universo martelliano, come è stato nei fumetti per molti anni. O magari i manti e le armi dei senior potrebbero passare nelle mani degli ‘eredi’ (ad esempio nei comics è Bucky Barnes, il soldato d’Inverno, a diventare Capitan America per un po’ al posto di Steve Rogers).
Certo, il finale di questo film è piuttosto spiazzante. Ma chi legge i fumetti da anni sa che nell’universo Marvel nessuno muore mai definitivamente. ‘Tranne lo zio di Spider-Man e Capitan Marvel’ (recita un adagio noto tra i fumettofili). E proprio Captain Marvel avrà un film dedicato – nella sua variante femminile, Carol Danvers, interpretata da Brie Larson – in arrivo a brevissimo.
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