Ave, Clooney!

Nel film dei fratelli Coen, Ave, Cesare!, che apre la Berlinale, è un divo anni '50 rapito da un gruppo di sceneggiatori comunisti. Nella realtà oscilla tra impegno e cazzeggio allo stato puro


BERLINO – Un George Clooney più ammiccante e simpatico che mai è a Berlino per la magica apertura affidata a Ave, Cesare! il 17° film dei fratelli Coen, una travolgente cavalcata nella magia posticcia e nei controsensi della Hollywood dei tempi d’oro, nei primi anni ’50. Nel film Clooney è il divo faccia da schiaffi che, mentre è impegnato in un kolossal peplum con retrogusto cristologico, viene rapito, ancora vestito da centurione, da un gruppo di sceneggiatori comunisti e si unisce alla loro causa. Nella realtà l’attore mette insieme, come al solito, impegno e ironia. Annuncia di voler incontrare domani la cancelliera Angela Merkel per discutere di politiche sui migranti, tema che gli sta molto a cuore. Un mese fa, intervistato dalla rivista femminile Emotion, aveva detto: “Se potessi scegliere quale politico interpretare, sceglierei Angela Merkel”. Quindi, per restare in argomento, gli chiedono se farebbe Syriana 2 e lui risponde serio: “Ci vuole qualche anno prima di affrontare certi argomenti in un film, io da tempo sto lavorando a un progetto sul Sudan e il Darfur, ma non ho ancora trovato la sceneggiatura giusta”. Poi si spazientisce e chiede stizzito – ma pur sempre sorridente – alla giornalista, che insiste sulla questione dei profughi: “Scusi, ma lei, concretamente, cosa fa?”. Interviene sull’argomento anche Ethan Coen: “Il film a cui abbiamo dato la Palma d’oro l’anno scorso a Cannes, Dheepan, ha affrontato la questione dei migranti creando anche un dibattito. Ma trovo assurdo che gli artisti debbano per forza dire qualcosa o fare solo film su questi temi”.

Sul palco dell’Hotel Hyatt, accanto a Clooney, in una affollatissima conferenza stampa, ci sono anche Josh Brolin, Channing Tatum (nel film è impegnato in una scena di tip tap in divisa da marinaio), Tilda Swinton, Alden Ehrenreich (ha il ruolo dell’attore cow boy trasferito di punto in bianco su un set di commedia sofisticata e incapace di pronunciare una semplice battuta)… Non sono neanche metà del fantastico cast di cui fanno parte anche Ralph Fiennes (il regista intellettuale), Scarlett Johansson (la diva nuotatrice alla Esther Williams), Frances McDormand (una montatrice che quasi si strangola con la sua sciarpa come accadde a Isadora Duncan).

I due registi (quattro volte premio Oscar) si sono divertiti a dissacrare il mito della Mecca del cinema attraverso le disavventure di Eddie Mannix, un funzionario della produzione chiamato a risolvere qualsiasi genere di problema ma soprattutto a fare da balia alle star, viziate e viziose, tirandole fuori dai pasticci. I suoi compiti vanno dalla gestione dei difficili rapporti con i giornalisti di gossip – Tilda Swinton ha lo spassoso doppio ruolo di due gemelle a caccia di scoop in competizione tra loro – alla copertura di una gravidanza illegittima, tra attori cani e gay velati. Ma intanto Mannix, che è un fervente cattolico, cerca di smettere di fumare e si dibatte nel dubbio se accettare un’importante offerta di lavoro che lo porterebbe lontano dallo studio system ma gli darebbe più tempo per stare in famiglia.

Al di là della trama, Ave, Cesare! – che in Italia uscirà il 10 marzo con la Universal – è l’occasione per giocare con i generi, dal musical al western, dal melodramma al peplum al film acquatico… “Non ci siamo ispirati in particolare a qualche film o qualche attore, magari a Clark Gable o Fred Astaire – puntualizza Joel Coen – e non si può dire che siamo nostalgici del cinema degli anni ’50 visto che non l’abbiamo vissuto, ma nutriamo una grande ammirazione per quell’epoca e abbiamo cercato di tornare a quei tempi con lo sguardo di oggi e con molta tenerezza”. 

Clooney, al suo quarto film con i Coen, scherza sulla cosa. “Non mi hanno mai fatto così imbecille come stavolta, neanche in Burn After Reading. Ma va bene ridere di me, non mi disturba”. E poi va sul goliardico: “Beh, diciamo la verità, non sono fratelli, tutte fesserie, sono cugini”. Subito dopo, a una giornalista russa che gli chiede se sia mai stato membro di un’associazione comunista, replica deciso, come si fosse preparato la parte: “Rifiuto di rispondere, faccio appello al quinto emendamento”. E non manca una battuta dei Coen sulla candidatura di Donald Trump alla presidenza: “Se fosse eletto sarebbe davvero surreale”. 

Per prepararsi al ruolo Josh Brolin, qui al suo terzo lavoro con i Coen dopo Il Grinta e Non è un paese per vecchi, ha letto The Fixers, biografia di Mannix e di Howard Strickling della MGM. E in effetti Mannix, per ammissione dei due registi, è l’unico personaggio non di fantasia di tutto il film (ma tutti gli altri contengono pezzi di storia di Hollywood come in un puzzle), anche se del tutto rielaborato rispetto all’originale. “Eddie Mannix era un vero bruto – ammette Brolin – anche nella vita privata, anzi specialmente in quella”.  

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