Dopo aver vinto al festival di Cannes 2008 il Grand Prix Ecrans Juniors arriva, a distanza di oltre un anno, il prossimo 19 giugno alla sala Eden di Roma e al cinema Fratelli Marx di Torino, una settimana dopo all’Ambasciatori di Napoli, Diari, esordio del 38enne milanese Attilio Azzola.
Diari, che si compone di tre episodi, ha per protagonisti innanzitutto gli adolescenti Leonora e Alì alle prese con le loro vicende sentimentali e con il rapporto con gli adulti, in particolare con la figura paterna. Accanto ai due c’è anche il personaggio di un professore ormai in pensione e alla malinconica ricerca di un antico amore.
Tre storie intrecciate che alla fine formano un unico sguardo sulla crescita e sul rapporto con il mondo adulto. Il film trae origine da un lungo viaggio del regista e dell’educatrice Maria Grazia Braghi nel mondo giovanile attraverso interviste, seminari di cinema e laboratori di recitazione, tenutisi nel territorio della Brianza nei primi mesi del 2007, e che alla fine hanno formato giovani attori e tecnici poi impegnati nel film di Azzola. “Un gioventù non bruciata” per la quale il Progetto Diari ha rappresentato l’occasione per conoscersi meglio e scoprire il proprio talento.
Questa produzione indipendente milanese ha avuto il sostegno di soggetti pubblici come la Provincia di Monza Brianza, i comuni di Monza, Vimercate e Brugherio, e quello di soggetti privati come le fondazioni Cariplo e Monza-Brianza. Inoltre sono stati partner artistici le compagnie teatrali Quelli di Grock e Alma Rosè. Il film, distribuito da Atlantide Entertainment, avrà per il momento anche uscite a Milano e Vicenza e a settembre è prevista una serie di matinée per le scuole. Per informazioni: info@atlantideentertainment.com – 02/89072658 – 3920655198
Come definirebbe il suo esordio?
Una storia un po’ surreale, a metà tra la favola e realtà, un ritratto intimo dei tormenti e degli entusiasmi che rendono intensi e confusi quegli anni.
Perché ancora un film sul mondo dell’adolescenza?
Rappresenta una questione epocale, tutti si occupano di adolescenti, è un tema inflazionato. Io ho voluto darne un ritratto non esteriore, più intimo, mettendo da parte i due stereotipi in voga soprattutto in tv: l’adolescenza degenerata tra sesso e droghe e quella demente e ignorante. Una gioventù che non corrisponde all’esperienza maturata in anni di lavoro con e sui ragazzi. Spesso il nostro Paese è mostrato come un luogo senza speranza e soltanto cinico, ma i miei giovani hanno comunque il privilegio di sognare.
Che cosa l’affascina dell’adolescenza?
E’ un’età piena di conflitti e da sempre a un artista, a un regista piace andare a ficcarvi il naso. Affascinano i grandi entusiasmi, i grandi amori, gli alti e i bassi, il forte senso d’amicizia. E poi il rapporto tra padre e figlio, qui narrato nei due primi episodi: da un lato un mondo femminile adolescenziale apparentemente pacifico che si confronta con un padre per anni assente; dall’altro il rapporto positivo di un ragazzo tunisino con il padre in una famiglia tradizionale. E poi nel terzo episodio questo stesso rapporto è raccontato attraverso la figura di un padre putativo che trasmette ai ragazzi una visione del mondo, apparentemente superata dai tempi.
Perché ha voluto questo personaggio anziano in un mondo tutto giovanile?
Michele vive il suo grande amore del passato in modo tutto adolescenziale. Questo personaggio di cognome fa Mancia, cioè richiama la figura di Don Chisciotte. La sua Dulcinea forse non esiste, ma Michele non rinuncia a cercare la sua amata.
E’ stato semplice trovare dei protagonisti adolescenti?
Tutt’altro, da noi non esiste come negli Usa un serbatoio e una tradizione di interpreti adolescenti. Li abbiamo scovati grazie proprio al Progetto Diari rivolto ai ragazzi dell’hinterland milanese. Su 400 giovani sono stati infatti selezionati 50 giovani che hanno frequentato per 7/8 mesi seminari di recitazione e di tecnica e linguaggio cinematografico. Poi gran parte di loro hanno partecipato al film come interpreti e come assistenti della troupe. Solo Roisin Grieco, la timida Leo, è arrivata a noi per un’altra strada.
I ragazzi hanno contribuito alla sceneggiatura?
No, le storie raccontate fanno parte del mio immaginario e vissuto. Ma importante è stato il loro contributo nel linguaggio parlato, nella messa in scena delle dinamiche amicali. E poi per il personaggio di Alì, il giovane Amine ha potuto costruirlo partendo da sé.
Per le musiche a chi si è affidato?
A tre professionisti della scena musicale milanese: il jazzista Gipo Gurrado e i compositori Mauro Buttafava e a Mell Morcone. Inoltre sono presenti tre band giovanili.
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