Indipendente Day. Il nome non è stato scelto a caso. E non solo perché al convegno che si tiene a Capua dal 14 al 16 settembre per iniziativa dell’Apc partecipano i produttori indipendenti. Ma anche e soprattutto perché l’incontro servirà a lanciare una proposta di riforma della legge sui finanziamenti al cinema, che renda i produttori stessi meno dipendenti dallo Stato. E più legati al mercato e alle sue leggi. Come spiega Beppe Attene, della Lantia Cinema, che a Capua introduce il convegno, «l’idea è di modificare il meccanismo di assegnazione del Fondo di garanzia, ridurre la quota del finanziamento pubblico ai film di interesse culturale nazionale al 50% del costo, e soprattutto, fare in modo che lo Stato li assegni solo a film che sono già riusciti a trovare una copertura dal mercato per l’altro 50%». Lo Stato, insomma, non dovrà più farsi carico di tutto o quasi. I finanziamenti pubblici saranno recuperabili, ma non nell’immediato. «La logica – prosegue Attene – è quella di fare film che abbiano un reale interesse per il mercato e un riscontro concreto presso il pubblico. Chiaramente, una riforma di questo tipo ha senso solo se in contemporanea si vara una legge antitrust sulla distribuzione. Altrimenti è inutile».
Ma la riforma è ancora lontana. Per ora, quella dell’Apc è solo una proposta, su cui però si sta coagulando un certo interesse anche da parte delle altre associazioni di settore. Il cinema italiano, intanto, sembra vivere un momento di ripresa. Ma Attene non è d’accordo: «Si confonde il buon risultato di uno, o di pochi film, con la vitalità di tutta un’industria. A giugno eravamo sotto il 15% di «sbigliettamento» per i film prodotti «in casa» e secondo me si tratta di cifre che andranno ulteriormente riviste al ribasso. L’unico film italiano che in questo momento sta ottenendo il favore del pubblico è I cento passi di Marco Tullio Giordana, e comunque al momento non ha incassato granché».
Se lo spettatore italiano – sostiene ancora Attene – grazie ai multiplex si è europeizzato e un po’ anche ringiovanito (e non è detto che sia un bene), il mercato italiano, invece, è ancora molto poco «giovane» e poco europeo. Oggi, in Italia, il costo di un film viene ancora in larga parte ripagato, finanziamenti pubblici a parte, dai suoi futuri passaggi in tv. Troppo bassi sono ancora gli incassi che vengono da home video, pay tv e vendite estere. Attene ne è convinto: «La pretesa della Rai di acquisire in perpetuo i diritti dei film impedisce di utilizzare i finanziamenti europei. Ma anche il Fondo di garanzia, così come è strutturato adesso, impedisce di accedervi. Secondo noi, bisogna rinunciare in buona parte all’apporto televisivo e puntare sugli altri media, sviluppando prodotti a bassissimo costo destinati all’home video e al Web, dopo il passaggio in sala». Il digitale ci salverà?
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