Artemisia, simbolo del femminismo, nel nome di Caravaggio

Artemisia, simbolo del femminismo internazionale, nel nome di Caravaggio


Per Artemista Gentileschi il pennello si considera estensione dell’anima. E questo talento precoce, capace non solo di creare opere d’arte, ma anche di renderle sofisticatamente simboliche e realistiche, viene narrato nel documentario Artemisia Gentileschi, Pittrice Guerriera di Jordan River (Caravaggio, la potenza della luceLe origini della cinematografia distribuito Luce, Stonehenge, il Tempio dei Druidi), presentato alla VI edizione del Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo.

 Scritto da Michela Albanese con il regista, e interpretato da Angela Curri, il film compone il racconto visivo e narrativo con una struttura classica da documentario, alternando opere d’arte, interpretazione finzionale, e testimonianze di critici ed esperti, che riescono a mostrare anche infinitesimali dettagli artistici dei dipinti di Artemisia Gentileschi – pittrice Seicentesca, nata a Roma nel 1593 -, tratti quasi invisibili all’occhio, che ne restituiscono il talento ma anche il realismo, come nel dipinto che ritrae Davide (1639) Re d’Israele, in cui – sulla spada del soggetto ritratto – si rintracciano la firma e la data, nascoste per chissà quanto tempo, e per questo ancor più emozionante.

“Ma chi era davvero Artesimia Gentileschi?” si domanda il documentario. “La sua notorietà è dovuta soprattutto al processo per stupro subìto da parte di un altro artista, una donna che dal fango riuscì a trovare comunque la strada per il riscatto sia come donna che come artista, diventando così un simbolo del femminismo internazionale“. 

Le sue opere sono custodite nei più prestigiosi musei del mondo, e “la verità vera abita nei volti e nei gesti” per Artemisia, che dipingendo attribuisce ai propri soggetti il chiaroscuro, proprio anche della sua vita personale. 

Jordan River molto ricorre – e con buona efficacia – alla dissolvenza, che architetta – per esempio – accostando il volto in primo piano di una tela raffigurante madre con bambino, laddove in trasparenza l’immagine viene “bucata” – e appunto dissolta – con una visione dal basso, imponente, di una mastodontica statua in controluce. 

Artemisia, oltre che il talento, la metafora e la verità, possiede anche una propria tecnica strutturata, spesso applicata a grandi tele, con l’uso di strati di colore molto scuro, di listelli appuntiti o del lato duro del pennello, con l’abbozzo delle sagome del disegno di base, per cui ad un’osservazione dettagliata del dipinto si possono talvolta osservare addirittura le linee dello stesso. 

Nell’eredità genetica di Artemisia scorreva già l’arte della pittura, che il padre Orazio praticava nella bottega di via Margutta, già cuore pulsante dell’arte capitolina, una Roma – in quel momento storico – centro artistico europeo per l’arte e la cultura; ed è in questa Roma, che la lascia orfana di mamma a 12 anni, che lei impara a macinare i colori, impastare i pigmenti in polvere, nella naturale vicinanza al papà, affetto istintivo, forse arricchito anche da quel suo precoce talento, a cui accompagnava un’ammirazione – altrettanto precoce – per Michelangelo Merisi, che conosce anche per le frequentazioni della bottega di famiglia; di Caravaggio, Artemisia “ruba” alcune cromìe, certi tagli di luce, realismo drammatico dei soggetti: in parte s’appropria di questi dettagli fondamentali, riuscendo a dipingere una sensazionale tridimensionalità e usando trucchi di luce/ombra che portano ad una fuga dell’occhio verso la profondità, una drammaticità che s’acuisce nelle opere a seguito della violenza carnale subita in adolescenza da Artemisia, per mano di Agostino Tassi, suo maestro “di prospettiva”. 

Il doc s’accompagna per quasi l’intero svolgersi con una musica dai toni epici, che sostiene le immagini e il racconto in voce fuori campo, ma che soprattutto inietta fierezza all’essenza della narrazione biografica.

Artemisia Gentileschi, Pittrice Guerriera ha il pregio di essere un documentario che non forza la mano nella ricerca di voli pindarici visivi, accanto ad una narrazione sì didascalica, ma che comunque lo restituisce pop e sofisticato al contempo, perché somma il racconto di una vita nota, con la lettura e la proposta visiva e critica di dettagli artistici che non sono solamente espressione creativa, ma soprattutto respirano la sua biografia umana, e concorrono a svelarne un po’ il mistero. 

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21 Settembre 2020

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