Arrietty e i “rubacchiotti” anticrisi


Chi è cresciuto negli anni ’80 con anime come Memole dolce Memole, Belfy e Lillibit o Gli gnomi delle montagne sa bene quanto i giapponesi amino le storie di omuncoli, elfi, folletti e rappresentanti vari del “piccolo popolo”. E troverà familiare quanto narrato in Arrietty (Il mondo segreto sotto il pavimento), il cartoon prodotto dallo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki – che cura anche la sceneggiatura insieme a Keiko Niwa – e diretto dal suo assistente Hiromasa Yonebayashi, che dopo essere stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma fuori concorso, nella sezione Occhio sul Mondo/Focus (nell’ambito di una retrospettiva dedicata proprio a Studio Ghibli) esce nelle sale il 14 ottobre prossimo.

Sotto il pavimento di una grande casa situata in un rigoglioso giardino, alla periferia di Tokyo, vive Arrietty, una minuscola ragazza di 14 anni, con i suo altrettanto lillipuziani genitori. Tutto ciò che questa piccola gente possiede lo prende “in prestito” dagli umani che abitano nella casa: gas, acqua, cibo, perfino prelibatezze come le zollette di zucchero. Le quantità sono talmente piccole che raramente gli umani si accorgono di questi “furtarelli”. Ma un giorno Arrietty incontra Sho, un dodicenne che si è appena trasferito nella casa per ricevere urgenti cure mediche in città. Nascerà tra i due una tenera amicizia.

La delicata vicenda è in realtà ispirata a un ciclo di romanzi inglesi per ragazzi, ‘The Borrowers’ di Mary Norton, cambiando l’ambientazione dall’Inghilterra degli anni ’50 al Giappone di oggi.”La storia del ‘prendere in prestito’ – ha dichiarato Miyazaki – mi sembrava intrigante e molto attuale. L’era del consumo di massa sta per finire perché viviamo una brutta crisi economica, e l’idea di prendere in prestito invece che comprare ciò che ci serve indica la direzione verso cui il mondo si sta avviando”.

Il concetto, purtroppo, si perderà quasi certamente nella traduzione italiana. “Borrower” in inglese, corrispettivo del giapponese “Karigurashi”, significa appunto “colui che prende in prestito”. Praticamente intraducibile nella lingua di Dante.

 

Al Festival, che lo ha presentato, come è giusto che sia, nella versione originale sottotitolata, hanno risolto il problema usando il termine “rubacchiotti”, al posto dell’unica alternativa possibile “ladruncoli”, al fine di addolcire il concetto di ladrocinio. Non è il massimo, ma era davvero difficile trovare di meglio. D’altro canto, ‘I rubacchiotti’ è il titolo usato anche per la traduzione dei romanzi d’origine. Vedremo cos’accadrà con il doppiaggio.

E intanto, molti ospiti del festival hanno dovuto fare i conti con un “rubacchiotto” reale, dato che vari telefoni cellulari sono spariti “magicamente” dal desk di giornalisti e addetti ai lavori. Che la piccola Arrietty abbia deciso di farci una visita?

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04 Novembre 2010

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