Ari Folman: stop ai bombardamenti su Gaza


Strana coincidenza quella che vede, nei giorni della sanguinosa azione militare denominata “Piombo fuso” dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, arrivare nelle sale, distribuito da Lucky Red, il documentario di animazione Valzer con Bashir. L’opera del regista israeliano Ari Folman è una denuncia contro l’assurdità e l’inutilità della guerra. Anche allora come oggi il motivo, che spinse l’esercito con la Stella di David nell’estate 1982 a invadere il sud del Libano, erano i lanci di bombe dal territorio libanese sulle città d’Israele.

Ministro della difesa israeliano era allora Ariel Sharon, il cui piano militare sconosciuto ai più, era quello di occupare il Libano inclusa Beirut, forte dell’alleanza con i falangisti di Bashir Gemayel che venne eletto nel frattempo presidente del Libano. Il suo assassinio a pochi giorni dall’elezione alla guida del paese scatenò la vendetta dei falangisti che uccisero più di 3mila civili palestinesi dei campi profughi di Sabra e Shatila. Un massacro con la complicità di Sharon che fu costretto alle dimissioni, perché nulla fece per impedire la strage essendone a conoscenza.
Il regista Folman, allora soldato al fronte, ripercorre un viaggio nella memoria di quell’ennesimo periodo di guerra grazie alla collaborazione di grandi illustratori, convinto che un documentario in real life sarebbe stato noioso. Il risultato finale è un atto d’accusa sull’inutilità di un interminabile conflitto che vede coinvolte da una parte e dall’altra giovani vite, mentre non si risparmiano atrocità nei confronti della popolazioni inermi.

Valzer con Bashir, presentato in concorso a Cannes, è tra l’altro candidato da Israele all’Oscar come miglior film straniero, e ha ottenuto l’EFA per la migliore musica insieme a ben 6 riconoscimenti dell’Israeli Film Academy.

Che pensa di quel che sta accadendo oggi nella Striscia di Gaza?
Credo che si debba fare tutto il possibile per prevenire la guerra. Non è stato fatto nulla di serio a livello di diplomazia e di negoziati da entrambe le parti per fermare il conflitto israelo-palestinese e si è ricorsi alla soluzione più facile: i bombardamenti. Sono critico verso il nostro governo, ma anche verso l’altra parte. Nei nostri governanti non ci sono rispetto per la vita umana e pietà per la sofferenze dei molti, loro giocano alla guerra come si trattasse di una partita a scacchi.

 

Il suo film si rivela più che mai attuale.
Quando è scoppiata nell’estate 2006 la seconda guerra del Libano, stavamo completando questo film. Molti mi chiedevano se non mi dispiacesse che una pellicola così attuale per quell’occasione non fosse pronta per la sala. Rispondevo a ragione che, visti i governanti che avevamo e abbiamo, il film sarebbe stato sempre attuale.
Non solo Israele, ma tutto il mondo si divide tra coloro che sostengono la nonviolenza e coloro che sono a favore dell’uso della violenza. Quest’ultimi purtroppo da noi e in tante alte parti costituiscono la maggioranza e troveranno sempre una giustificazione, ideologica, religiosa, di razza, per uccidere e ottenere i loro obiettivi.

“Il giardino dei limoni”, del connazionale Eran Riklis, è stato un insuccesso in patria. Il suo film come è andato?
E’ stato accolto molto bene, la reazione del pubblico è stata positiva. E’ accaduto che da ribelle come ero visto sono diventato una persona apprezzata dall’establishment. L’establishment divide le persone in due gruppi: coloro che ne fanno parte e chi invece ne è fuori. Certo il fatto di aver combattuto per Israele ha consentito che fossi accettato e poi il mio Paese è tradizionalmente tollerante verso gli artisti e gli intellettuali. In più il mio lavoro dimostra che i soldati israeliani non hanno partecipato al massacro di Sabra e Shatila, mentre la leadership e il governo sapevano della strage nei campi profughi.
Ho voluto raccontare quella storia così come l’ho vissuta e vista dalla mia parte, in quanto soldato impegnato in Libano all’inizio degli anni ’80. Credo di aver fatto il mio dovere, sarebbe stato pretestuoso e ipocrita affrontare gli avvenimenti da un punto di vista differente, superando il confine. Spetterà ad altri farlo.

Come è nato il film?
In Israele siamo riservisti fino all’età di 50 anni, ogni anno per due settimane ci tocca prestare questo servizio, anche se poi quello che io facevo era scrivere delle stupide sceneggiature televisive su come difendersi dalla armi nucleari iraniane. Volevo essere esentato da questo servizio a 40 anni e mi hanno suggerito di rivolgermi a uno psichiatra per verificare se c’erano i presupposti per la mia richiesta.
Per la prima volta ho raccontato al terapeuta la mia storia di soldato nei dettagli. Non che soffrissi di un’amnesia, ma i miei ricordi avevano dei buchi neri. Siccome non credevo fino in fondo alla psicoterapia, ho poi scelto un procedimento più attivo e dinamico come la realizzazione di un film per colmare quei vuoti. Se 5 anni fa mi avessero mostrato la foto di me soldato 19enne, avrei provato ancora rabbia nei suoi confronti, ero ancora scollegato da quel ragazzo. Oggi invece grazie a questo film sono tornato in pace con me stesso, riesco a riconoscermi in quel giovane.

 

Come mai ha voluto per il finale immagini vere e non animate?
E’ stata una decisione artistica fin dall’inizio perché volevo evitare che lo spettatore all’uscita dalla sala si limitasse a dire di aver visto un film d’animazione con buona musica e bei disegni. Questi 15 secondi di immagini reali contestualizzano il film che racconta il massacro di 3mila civili, per lo più donne e bambini. Se poi qualcuno vuole saperne di più di quella tragica vicenda e naviga in internet, vuol dire che ho raggiunto il mio scopo.

Per la colonna musicale ha scelto anche una ninna nanna di Bach?
Quand’ero piccolo ascoltavo molta musica classica, ma non Bach perché i miei genitori sostenevano che era troppo tecnico, non offriva emozioni e sentimento. Vietato da piccolo, Bach è diventato invece da grande un’ossessione e ho utilizzato questo brano come contrappunto alla guerra. Ci sono poi delle elaborazioni elettroniche di brani classici. Mentre scrivevo la sceneggiatura di Valzer con Bashir ascoltavo la musica del compositore inglese Max Richter, una musica malinconica, adatta all’atmosfera del film. Sono riuscito a mettermi in contatto con questo musicista e gli ho chiesto di comporre la colonna sonora prima di creare l’animazione, perché volevo che gli animatori sentissero l’atmosfera del film. Ho voluto che ci fosse questo mix di motivi classici e non.

 

Tra qualche giorno Obama guiderà gli Usa. Crede che influirà sui rapporti tra palestinesi e israeliani?
La storia di Obama ha dell’incredibile, perché se 20 anni fa avessimo parlato a un cittadino americano di un futuro presidente afroamericano, costui avrebbe riso. Ma Obama è andato anche al di là delle razze, viste le sue origini così miste. Si tratta di una persona intelligente e israeliani, palestinesi, tutti nel mondo hanno grandi aspettative, mi auguro che molte delle speranze che ha alimentato nella gente si avverino. E’ la grande speranza di tutti.

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07 Gennaio 2009

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