Apertura jazz per il 32° TFF. E Luchini fa il verso a Flaubert

Taglio di bilancio per il festival, inaugurato da una performance musicale e dalla commedia francese Gemma Bovery di Anne Fontaine, ispirata a un fumetto di Posy Simmonds e a Madame Bovary


TORINO – Apertura al risparmio, con taglio al bilancio di 200 mila euro (su un totale di 2.300.000), senza madrina ma con un’esibizione jazz di Giorgio Li Calzi dal titolo Morricone A Blind Movie, un tessuto di note dal vivo e in elettronica di ispirazione cinematografica con echi (nel sonoro) di Todo modo di Elio Petri. Il 32° Torino Film Festival è partito così. E’ il primo con la direzione di Emanuela Martini in solitaria, mentre il guest director Paolo Virzì, che ha inviato un videomessaggio da Los Angeles, era in volo sull’Atlantico, in tempo per presentare oggi pomeriggio il primo degli incontri di Diritti & Rovesci, quello con Susanna Nicchiarelli.

Film d’apertura la commedia Gemma Bovery, della regista francese (nata in Lussemburgo e cresciuta in Portogallo) Anne Fontaine che sarà in sala a gennaio con Officine Ubu. Al Lingotto, per l’inaugurazione, c’era il sindaco Piero Fassino. Tra i personaggi noti anche il cast quasi al completo di Ogni maledetto Natale, la commedia del trio di Boris che viene presentata stasera al pubblico torinese. “Questo è uno dei Festival internazionali più importanti al mondo – ha detto il sindaco – con una caratteristica, quella di non avere lustrini e red carpet ma molta qualità”.

Ispirato, come Tamara Drewe di Stephen Frears, a un fumetto della celebre autrice britannica Posy Simmonds, Gemma Bovery attinge a piene mani al capolavoro letterario di Gustave Flaubert, rivisitandolo in chiave contemporanea in un gioco di specchi, come ci spiega la regista. Tutta la vicenda è raccontata da Martin Joubert, un parigino con ambizioni letterarie (Fabrice Luchini) che si è trasferito in Normandia per fare il panettiere biologico ma non riesce a tenere a bada la sua fantasia rigogliosa. E quando nella villetta accanto va a vivere una coppia di inglesi che si chiamano Gemma e Charles Bovery, quasi come i protagonisti del suo libro preferito, comincia a sovrapporre realtà e letteratura, spesso aiutato dal destino.

In più Gemma (Gemma Arterton, guarda caso protagonista anche di Tamara Drewe) con la sua sensualità inconsapevole ma prorompente riaccende i suoi desideri di sessantenne assopito. “La sensualità che sperimentiamo attraverso gli occhi del fornaio, anche se non è agita, è altrettanto forte e fisica”, spiega la regista, autrice recentemente di Two Mothers e Mon pire cauchemar. Conquistata dalla lettura della graphic novel di Simmond, di cui dice di aver percepito subito “il potenziale comico e allo stesso tempo feroce”, ha scritto la sceneggiatura insieme a Pascal Bonitzer. 

Madame Bovary – spiega – è un libro che in Francia si è obbligati a leggere da bambini, io la prima volta avevo 6 anni, ma è anche un libro che a età diverse produce diverse percezioni, perché parla di un archetipo femminile universale in cui ognuno di noi trova qualcosa di sé. Ecco perché è così moderno”. Certo, Gemma Bovery vive i suoi adulteri, prima con un giovane studente aristocratico, poi con un suo ex tornato alla carica, con una noncuranza molto contemporanea e non arriva ad avvelenarsi con l’arsenico come la sua antenata, anche se fa comunque una brutta fine. “Un’ironia beffarda della sorte”, come sintetizza Anne Fontaine (ma è giusto non rivelare il finale). 

Quanto a Luchini, la cui presenza illumina un film che non brilla per originalità di una sorniona ironia, è stato il primo a venire in mente alla regista per questa figura che, secondo lei, è quasi un Woody Allen francese. “Molti anni fa avevamo passato una sera a parlare di Madame Bovary, forse per questo ho pensato subito a lui per il ruolo di Joubert, anche se non c’è nessuna somiglianza fisica con il personaggio del fumetto. Lui è l’attore francese più profondo, perfetto per incarnare quest’uomo innamorato pazzo della letteratura”. Mentre tocca all’ingenua Gemma Bovery sintetizzare il famoso romanzo dal punto di vista di chi lo legge per la prima volta e senza tanti strumenti intellettuali: “Un libro in cui non succede niente, ma che appassiona”.

Anne Fontaine sta già lavorando a un nuovo progetto, ambientato nella Polonia del ‘46 in un convento di suore dove sette di loro sono incinte, dopo essere state violentate dai soldati russi. “Dubito che questa sarà una commedia”.

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22 Novembre 2014

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