Antonio Ciano nasce nel 1966 a Locri, e per una decina di anni esercita la pratica forense a Roma, fino al 1997, anno in cui decide di occuparsi di cinema. Insieme a Pietro Reggiani fonda la Nuvolafilm (clicca qui), una piccola società di produzione e distribuzione indipendente che si distingue soprattutto nel panorama del cortometraggio. All’inizio del 2002 ai due soci fondatori si aggiungono Amedeo Bacigalupo, produttore, e Luca Mendicini, avvocato. La Nuvolafilm, tra l’altro, produce Asino chi legge, di Pietro Reggiani (Nastro d’Argento 1998 come miglior produttore) e Toilette, di Massimo Cappelli (Premio Alfredo De Laurentiis 1999 come miglior produttore). Dopo l’esperienza di un lungometraggio, Tutta la conoscenza del mondo di Eros Puglielli (Berlinale 2001), nel 2002 è la volta del debutto alla regia dello stesso Ciano con Il naso storto, fotografato da Luca Coassin e montato da Valentina Girodo. Una buona prova d’esordio, sospesa in un’atmosfera surreale che trae la sua intensità soprattutto dall’interpretazione del protagonista, Marcello Mazzarella.
Il cortometraggio, invitato a Rotterdam e Torino, narra la storia di un quarantenne affermato che ripercorre la sua esistenza uscendo “fuori di ruolo” ed è costretto a confrontarsi con la sua nuova identità.
Cosa ti ha spinto a fare cinema, e perché infine la decisione di passare alla regia?
Sono ancora un produttore: semplicemente nell’ultima occasione tra i vari potenziali registi esordienti (come tradizione consolidata di Nuvolafilm) ho deciso di produrre Antonio Ciano. Sin dall’inizio della mia attività cinematografica ho sempre cercato di ridurre le distanze tra la funzione del regista e quella del produttore. Non a caso in tutte le produzioni Nuvolafilm gli autori si sono anche associati alla produzione.
Dove hai trovato l’idea per la storia del “Naso storto”?
In alcune serate sofferte insieme con Antonio Pezzinga, un mio vecchio amico ingegnere e poeta, con cui avevamo in comune l’attaccamento per la stessa tematica.
Credi di essere stato influenzato in qualche modo dai tuoi registi, dagli autori che hai prodotto in precedenza (Puglielli, Reggiani, Cappelli…)?
Naturalmente. Tutti, in genere, siamo influenzati dalle persone con cui abbiamo a che fare, se riusciamo a conservare un atteggiamento costruttivo fatto soprattutto di capacità di ascolto. Nel loro caso, in particolare, ho interagito molto bene sia durante il lavoro che successivamente, sino ad oggi.
“Il naso storto” è stato a Torino e poi a Rotterdam, un bel colpo per un esordio. Che accoglienza ha avuto? Buona a Torino e molto buona a Rotterdam, dove hanno deciso delle proiezioni supplementari.
Cosa significa per un cortometraggio – dal punto di vista della sua vendibilità – un festival di livello internazionale come questo, anche pensando ai corti che hai solo prodotto nel passato?
Per la commerciabilità internazionale è senz’altro più utile la partecipazione al Festival di Clermont-Ferrand, il maggiore mercato mondiale di corti. Oltre ai due in concorso, infatti, anche quest’anno l’ANICA, l’UNICS e il Ministero dei Beni Culturali hanno programmato un’apposita proiezione della migliore produzione italiana.
Negli Stati Uniti e in Francia il cortometraggio viene considerato come un vivaio importante per la crescita delle nuove leve, e i giovani registi vengono coccolati perché ritenuti l’unica possibilità per una continua rigenerazione del cinema. Cosa non funziona in Italia?
La prima delle tante che mi viene in mente, tra la scarsa attenzione generale, è il sistema di finanziamento pubblico alla produzione (o, meglio, alla sceneggiatura), fotocopia di quello per i lungometraggi, che in quanto tali negli ultimi anni non ha sufficientemente aiutato la nascita e/o la crescita sia delle entità autoriali che produttive, troppo deresponsabilizzate rispetto al risultato finale.
Se dovessi dare dei consigli – come produttore – agli esordienti di oggi nel campo del cortometraggio, quali priorità riterresti necessarie?
La generosità, l’entusiasmo, il coraggio.
E come regista?
L’ispirazione, il coraggio, l’umiltà
Per caso, hai già un lungo nel cassetto?
Sì, uno, nessuno e centomila.
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