“Con il comitato di selezione della Mostra di Venezia ho una questione aperta dai tempi de La guerra di Mario. Non so se pensare che non capiscono nulla o che sono un gruppo di persone insensibili, fatto sta che i film che vedo alla Mostra da un po’ di anni a questa parte sono brutti”. Non la manda a dire Antonio Capuano, che – al Lido alle Giornate degli Autori, non in concorso – porta la sua ultima fatica: L’amore buio. Una storia forte che inizia addirittura con uno stupro di gruppo perpretato da minorenni e mette a confronto i due mondi, così vicini così lontani, della Napoli borghese e di quella dei ragazzi di strada. La vittima della violenza è infatti Irene (Irene De Angelis), una ragazzina più che benestante che vive in un ambiente protetto, privilegiato e grigio; i suoi carnefici sono invece dei “guaglioni” lasciati a loro stessi, di quelli che frequentano gli istituti professionali e scoppiano di una vitalità colorata che però può diventare pericolosa. Come in questo caso. Ma uno di loro, Ciro (Gabriele Agrio), si pente immediatamente e va a costituirsi la mattina dopo il misfatto, per poi intraprendere una fitta corrispondenza (inizialmente senza ricevere risposta) con la sua vittima e dare il via a un dialogo, tanto intimo quanto a distanza, tra i due mondi dalla luce così diversa. Prodotto da L.G.M. – Ellegiemme in collaborazione con Rai Cinema e in uscita con Fandango il 3 settembre in 25 copie, L’amore buio ha tra i suoi interpreti Luisa Ranieri (la mamma di Irene), Valeria Golino (imbruttita per diventare la psicologa del riformatorio), Anna Ammirati, Fabrizio Gifuni (che probabilmente sarà il protagonista del prossimo film di Capuano) e Corso Salani nella sua ultima apparizione al cinema.
Dove nasce lo spunto per questa storia? Da un fatto di cronaca?
No, dal racconto di Lello, un ragazzo che era sul set di Pianese Nunzio, 14 anni a maggio. Venne da me e mi disse: “Devi raccontare la mia storia”. Mi è capitato spesso che qualcuno mi proponesse la sua storia, ma questa era incredibile: aveva violentato una ragazzina, si era autodenunciato, era stato in carcere e aveva iniziato a scriverle. Dopo un po’ di tempo lei gli ha risposto e quando è uscito dal riformatorio hanno iniziato una storia che li ha portati al matrimonio. Oggi hanno due figli e lui lavora per suo suocero, nonostante ovviamente all’inizio la famiglia di lei fosse contraria a questa relazione.
Qui però la storia finisce diversamente, in modo meno edificante, seppure non privo di speranza.
Trovo che sia un esempio di perdono, di abnegazione, di amore. Ma di quell’amore buio, serio, sotterraneo, indicibile, e quindi più vero. Ho cambiato il finale perché quello vero mi sembrava troppo realistico.
Nel suo cinema, e in questo film in particolare, c’è molta attenzione per la fotografia. Il mondo di Irene è grigio, quello di Ciro è fin troppo colorato.
Sì, perché sono convinto che la luce cambi se stai con una persona che ami. Ce n’è di più se hai vicino chi ami, di meno se c’è qualcuno di cui non ti importa niente. La luce ti cambia intorno e cambia negli occhi della gente.
Come ha scelto i due giovani attori?
Li ho cercati nelle scuole. Lei in un liceo dove le ragazzine erano vestite magari in jeans e maglietta ma con addosso il corrispettivo di 700 euro, tra marche, telefonini, borse. Ho scelto Irene De Angelis perché l’ho trovata subito perfetta: era una delle poche che invece era vestita con abiti economici. Alla fine del film mi ha detto: “Mi hai inguaiato la vita”, perché l’avevo fatta uscire dall’area di modestia e di insignificanza che si era scelta e costruita attorno. Lui invece l’ho trovato in una scuola di avviamento professionale.
E Corso Salani, che purtroppo ne L’amore buio ha interpretato il suo ultimo ruolo?
Non lo conoscevo affatto e l’ho scelto sull’annuario degli attori perché non trovavamo l’interprete per il padre di lei. Lui conosceva il mio lavoro ed è stato subito felice di partecipare al film.
Il film è alle Giornate degli Autori, non in concorso.
E non riesco a capire perché. Da una parte forse è meglio, perché il presidente di giuria è Quentin Tarantino, il cui cinema non mi piace affatto e a cui sicuramente non piace il mio. Se fossi stato in concorso mi avrebbe sicuramente massacrato. Prima di L’amore buio ho fatto un film “nascosto”, praticamente senza produzione (Giallo?, NdR); ho provato a mandarlo a tutti i festival ma non l’ha preso nessuno, se non Taormina due anni fa. Per me è stata la prova che in questo paese se un film non ha qualcuno che lo accompagna, si perde.
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