La guerra di Mario di Antonio Capuano sarà in concorso al prossimo Festival di Locarno, l’ultimo diretto da Irene Bignardi, dopo settimane di voci che lo davano invece tra i film italiani papabili per la Mostra di Venezia. Prodotto da Nicola Giuliano, Francesca Cima e Domenico Procacci e girato a ritmi frenetici in sette settimane, il film ha come protagonisti Valeria Golino, una madre adottiva della borghesia napoletana, Andrea Renzi, che interpreta il marito, e il piccolo Marco Grieco, bambino difficile e sbandato che finalmente trova una famiglia. Il regista napoletano, già autore di Luna rossa e Pianese Nunzio, 14 anni a maggio, ha diretto il film con il supporto dello stesso cast tecnico de Le conseguenze dell’amore.
Come è nata l’idea di questo film? E perché parla della “guerra” di Mario?
La guerra di Mario è nato dall’esperienza di adozione che una mia amica ha vissuto e poi ha condiviso con me raccontandomela. Nel titolo si parla di guerra perché il protagonista, Mario, è un bambino di 9 anni in guerra da quando è nato, allontanato da una famiglia difficile dal Tribunale dei Minori e poi sbandato tra case-famiglia alla continua ricerca di se stesso. Accanto a lui c’è la madre borghese che lo adotta (Valeria Golino), e che vive in “un’altra Napoli”, quella benestante, e il marito di lei (Andrea Renzi), che rimane scettico e poco coinvolto da questa nuova paternità piena di problemi. È un film emotivo, che racconta il rapporto complesso tra due culture.
I personaggi sono molto complessi, in particolare il ragazzino.
Sì, infatti è il racconto di un adolescente problematico e diffidente, di una madre innamorata che vuole a tutti i costi essere ricambiata dal figlio, e che per questo commette un errore dopo l’altro, e di una città spaccata in due tra la sua dimensione elitaria e quella degradata.
C’è molta Napoli in questo film, non solo nella scelta dell’ambientazione.
È vero, La guerra di Mario è un film molto napoletano, con il cast tecnico che è sostanzialmente identico a quello di Le conseguenze dell’amore. C’è infatti la produzione di Nicola Giuliano e Francesca Cima, Giogiò Franchini al montaggio e alla fotografia un “quasi napoletano” come Luca Bigazzi.
Valeria Golino affronta qui un ruolo insolito, in cui è difficile immaginarla.
Sì, ed è una scelta di cui sono felicissimo. Mi è stata suggerita dai produttori Giuliano e Procacci. In La guerra di Mario è completamente diversa – fino a diventare quasi irriconoscibile da tutti i suoi film precedenti, ma nonostante questo è estremamente credibile nel suo ruolo tormentato di donna che si sente madre pur non essendolo. Nella realtà Valeria è molto materna, carnale e sensuale, e sul set faceva di tutto per conquistare la fiducia e la simpatia di Marco Grieco, il ragazzino protagonista del film. Ma lui è sempre rimasto freddo e indipendente, molto indisciplinato, ai limiti dell’insubordinazione.
Come ha scelto il bambino protagonista del film?
Marco ha superato una fortissima selezione: è stato scelto tra 1.500 bimbi nelle scuole di Napoli. È un ragazzo e un attore meraviglioso, di grande talento, molto simile a come appare nel film, inafferrabile e forte. Ma quando era il momento, invece di girare voleva giocare a pallone e si lamentava: “Perché mi avete scelto?”.
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