Antonio Albanese è un mondo a parte. Un Uomo d’acqua dolce in un mare di comicità spesso troppo “salata” o troppo insipida. Un interprete che va ancora e sempre contromano per sorprendere il pubblico.
Antonio Albanese compie 60 anni e merita le celebrazioni che sono da tributare a chi sta dando così tanto alla cultura italiana. Un artista che ci fa ridere, riflettere e sognare, con quella sua inconfondibile capacità di rendere ogni suo personaggio la fame e la sete della comicità italiana. Non basterebbero cento domeniche per festeggiarlo come si dovrebbe.
A sessant’anni, Albanese è molto più di un Cetto La Qualunque qualsiasi. Con la sua versatilità ha saputo dipingere ritratti umani che spaziano dal surreale al realismo sociale, riuscendo a strappare sorrisi e meditazioni con la stessa intensità. Qualunquemente parlando, sarebbe riduttivo descriverlo come un semplice comico: il suo talento, la sua ironia e la sua empatia lo rendono un uomo d’arte a 360°.
Nato a Olginate, in provincia di Lecco, il 10 ottobre 1964, Antonio Albanese cresce in una famiglia di origini siciliane (Petralia Soprana vicino Palermo) con un’infanzia e un’adolescenza in cui cerca la sua voce, la sua inclinazione, il suo posto nel mondo. Il teatro si manifesta come la sua strada, il modo che ha per esprimersi e forgiare il suo “linguaggio”. Il palcoscenico diventa la casa dalle fondamenta solide in cui allevare il proprio talento.
Albanese si avvicina alla comicità con un approccio personale e i suoi primi successi arrivano con la televisione, dove interpreta personaggi che raccontano l’Italia nelle sue sfumature. Con il piglio della grande tradizione della commedia all’italiana usa il sorriso come strumento corrosivo per portare in superficie le piccole e grandi iniquità del vivere sociale. Tra questi personaggi l’indimenticabile Epifanio, l’uomo ingenuo e spaesato che racconta con poesia le sue disavventure, il bellicoso Alex Drastico, il telecronista-ballerino Frengo, il giardiniere gay di casa Berlusconi Pier Piero. Ogni carattere diventa un cult nell’immaginario collettivo degli anni ’90 modellato sulle trasmissioni tv più eversive come Mai dire Goal.
Negli anni, Albanese continua a calcare i palchi dei teatri di tutt’Italia, collaborando con importanti registi e sperimentando diverse forme di espressione artistica e ottiene un successo dopo l’altro con Uomo! (1992, poi ripreso nel 1994), Patapim e Patapam (1993) e Giù al Nord (1997), scritto con Michele Serra e Enzo Santin.
Per Albanese il teatro è una palestra per la mente, dove non si può mentire, dove ogni spettacolo è un esame di coscienza. La televisione amplifica il suo successo e lui è bravo a non farsi ingessare e costringere nelle maglie seducenti, ma pericolose, del piccolo schermo dove si rischia sempre di ripetere se stessi all’infinito.
Il suo debutto cinematografico avviene nel 1993 diretto da Silvio Soldini in Un’anima divisa in due, accanto a Fabrizio Bentivoglio e Renato Scarpa. E da allora non si è più fermato alternando – con la naturalezza degli artisti più versatili – la sua presenza tra piccolo e grande schermo e il suo sempre amatissimo teatro.
Essere attore non gli basta, seppur diretto da registi importanti come Pupi Avati, Carlo Mazzacurati, Giovanni Veronesi, Gianni Amelio, Carlo Verdone, Riccardo Milani.
Albanese ha la sua voce, il suo linguaggio, come si diceva. Così nel 1996 con Uomo d’acqua dolce passa dietro la macchina da presa. La pellicola è una commedia surreale in cui interpreta Antonio, un uomo che scompare misteriosamente e riappare dopo anni, trovando tutto cambiato. La sua ironia sottile e la capacità di costruire storie in bilico tra afflato poetico e derive grottesche conquistano subito critica e pubblico. È qui che emerge una delle caratteristiche distintive del suo cinema: l’attenzione per le storie di personaggi apparentemente marginali, ma che diventano metafore delle dinamiche sociali.
Nel 1999, con La fame e la sete, Albanese esplora i temi della solitudine e del bisogno di comunicare, ancora una volta attraverso personaggi disadattati e comici. La pellicola è un altro successo.
Il 2011 segna una svolta importante nella carriera di Antonio Albanese, con l’uscita di Qualunquemente, il film che gli fa conquistare le vette del box office italiano. Qui, Albanese porta sul grande schermo il personaggio di Cetto La Qualunque, un politico corrotto e volgare che incarna tutti i difetti della classe dirigente italiana. Il film è un successo travolgente, anche grazie al contesto politico dell’epoca, che rende Cetto una figura simbolica di un’Italia in crisi morale.
Cetto non è solo un personaggio, è uno specchio in cui si riflette il peggio del nostro paese. Albanese racconta la volgarità del potere e l’indifferenza delle persone. Ma anche la nostra assuefazione a questo stato delle cose del potere che ci governa. L’impatto di Cetto La Qualunque è tale che il personaggio torna sul grande schermo nel 2012 con Tutto tutto niente niente e nel 2019 con Cetto c’è, senzadubbiamente.
Albanese non ha mai nascosto l’importanza della satira come strumento di denuncia sociale. In più occasioni ha sottolineato come la comicità possa essere un mezzo potentissimo per aprire gli occhi sulla realtà. La risata nelle sue sapienti mani disarma le paure e al contempo mette a nudo l’ipocrisia.
Sessant’anni sono un traguardo importante, ma Antonio Albanese guarda avanti con l’entusiasmo e la curiosità di sempre. Tra nuovi progetti cinematografici e teatrali, continua a reinventarsi, mantenendo intatta quella capacità di raccontare il mondo attraverso il filtro della sua comicità. È un moto perpetuo, una fucina di idee, di nuovi personaggi da portare sul palco o sullo schermo perché, come ha detto in qualche intervista: la cosa più bella di questo mestiere è che non si finisce mai di imparare.
Il suo sguardo tagliente e la sua capacità di raccontare le contraddizioni della nostra società lo rendono un artista unico nel panorama italiano, un comico capace di trasformare la risata in uno strumento di riflessione profonda. E in un mondo sempre più caotico, la sua voce è più necessaria che mai.
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