Andrea Molaioli premiato dai critici


Andrea Molaioli miglior regista esordiente dell’anno. L’ha deciso un gruppo di critici e giornalisti che assegna il Premio Fac (Film d’Arte e Cultura): La ragazza del lago ha messo d’accordo tutti perché è “un’opera di genere di grande spessore che indaga in profondità sui rapporti interpersonali e mostra grande maturità nella direzione di un ottimo gruppo di interpreti e nella scelta di una inconsueta ed originale ambientazione”. Il premio ha dato occasione a un dibattito sul film, letto come un vero e proprio caso produttivo: presentato a Venezia dalla Settimana della Critica e distribuito da Medusa, è stato un successo oltre le previsioni per i produttori Francesca Cima e Nicola Giuliano. Un incontro virtuoso tra un romanzo (“Lo sguardo di uno sconosciuto” della norvegese Karin Fossum) e il cinema di genere, in questo caso il giallo, anche se un giallo più concentrato sullo scavo nelle dinamiche tra i personaggi che sulla risoluzione del delitto. E proprio ai rapporti tra cinema e letteratura nel cinema contemporaneo è dedicato il nuovo libro del Fac, “Immagini di parole”, curato da Franco Montini e arricchito da numerosi saggi e dalle testimonianze, tra gli altri, di Roberto Andò, Franco Bernini, Cristina Comencini. La ragazza del lago è arrivato a oltre 2 mln e mezzo di incassi dall’uscita, a metà settembre, e ancora resiste in alcune sale. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Che tipo di pubblico ha amato il film?
Ho fatto molti incontri con gli spettatori, anche in provincia, e ho trovato un pubblico vario, con una grossa fetta di trenta-quarantenni, molti ragazzi e anche diverse persone anziane. Mi ha sorpreso vedere che la gente trovava anche da sorridere e, paradossalmente, si sorrideva di più proprio dove la tensione era maggiore, come per riprendere il fiato.

L’andamento riflessivo della narrazione, tutt’altro che concitato, non è stato un ostacolo?
Anzi, mi hanno detto che la lentezza affabulante portava in una dimensione propizia all’attenzione. Era una delle cose che mi sarebbe piaciuta nel film da spettatore. Ho lavorato molto in sottrazione, con gli attori, con il musicista. Era una storia in cui si poteva calcare la mano perché ha a che fare con tanti drammi, bastava enfatizzare con una colonna sonora di un certo tipo.

Questo tono ha permesso anche di riflettere su un tema non facile come quello della famiglia contemporanea, spesso nido di tragedie e inquietudini.
È piaciuta la dignità con cui tutti i personaggi sono raccontati, nonostante i cancri della provincia e della società in generale. Queste famiglie scomposte, incompiute, attraversate dalla malattia. La piccola comunità per me era paradigma dei nostri tempi in generale, anche se non volevo fare un saggio socio-antropologico.

È questo che l’ha affascinata nel romanzo?
Sicuramente quando ho letto il romanzo ho notato le tante digressioni che dalla vicenda gialla portavano ad altri malesseri. L’attenzione nei confronti della trama non è prevalente sulla vicenda umana dei personaggi. E questo anche a scapito di qualche colpo di scena, che sarebbe stato un po’ come un fuoco d’artificio.

Il Premio Fac potrebbe essere il primo di una serie di riconoscimenti all’opera prima.
Non lo so, ma mi fa particolarmente piacere ricevere un premio dai critici. Sono cresciuto leggendo le recensioni dei quotidiani e le ho sempre trovate stimolanti, anche quando non ero d’accordo. Il lavoro del critico va accettato anche quando è negativo, a meno che non ci sia un giudizio preventivo.

Qualcuno avrebbe visto con favore “La ragazza del lago” in concorso a Venezia, per qualcun altro invece la Settimana della Critica è stata una collocazione ideale e un modo di proteggerlo. Lei cosa ne pensa?
Difficile dirlo, sono solo ipotesi. Ho vissuto la Sic come un merito, non come un ripiego, anche perché le cose che ci hanno detto i selezionatori erano esattamente le motivazioni che ci avevano spinto a fare il film. E sicuramente il concorso di Venezia è pericoloso: c’è un’attenzione terribile e tutti ti aspettano al varco, ma ovviamente, se mi capitasse, accetterei il rischio.

Lei ha quarant’anni: posso chiederle come mai ha aspettato tanto per esordire?
Ho fatto l’aiuto per molto tempo e in progetti molto interessanti. Per diventare regista volevo aspettare un’urgenza e un trasporto giusto. Oltre alle giuste condizioni produttive, che sono arrivate con l’articolo 8 e con Medusa, oltre all’impegno di Indigo Film, con cui c’è un rapporto di fiducia molto forte. Con Francesca Cima non condivido solo il film, ma anche due figli.

autore
19 Dicembre 2007

Interviste

Ti West
Interviste

Ti West: “in ‘MaXXXine’, gli anni ’80 che nessuno vuole mostrare”

Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid

play
Interviste

Trincia: “ognuno di noi ha sentito vicinanza con questo caso”

Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.

play
Interviste

Luchetti: “ho voluto raccontare Carla anche come donna politica”

Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.

Interviste

Marco Valerio Gallo: come ti disegno ‘Freaks Out’

Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti


Ultimi aggiornamenti