Dopo Vento di sera, presentato nella selezione ufficiale del Festival di Berlino 2004 e vincitore di premi in numerosi festival, Andrea Adriatico ci riprova con All’amore assente, presentato al 51° London Film Festival in novembre e ora in uscita il 4 aprile con Vitagraph. Prodotto da Monica Nicoli per Cinemare, il film narra della scomparsa di Andres, un ghost-writer che scrive discorsi per i politici, e della sua ricerca da parte di un misterioso investigatore che pian piano s’appropria della sua vita, installandosi a casa sua e intrecciando rapporti con la moglie incinta, con i genitori e con un suo amico. Con un cast composto, tra gli altri, da Massimo Poggio, Francesca d’Aloja, Milena Vukotic, Corso Salani ed Eva Robin’s, Adriatico mescola più elementi e più piani, la natura privata e quella politica, l’aspetto sentimentale e quello sociale, in quello che si potrebbe definire un noir politico-sentimentale.
Che origine ha questa storia?
Lo storia di All’amore assente nasce da un fatale incontro in libreria con il primo romanzo di Marco Mancassola, dal titolo “Il mondo senza me”. Un libro che è uscito in sordina per una piccola casa editrice e che, dopo aver venduto 2mila copie in poco tempo, è stato comprato da Mondadori. Mi sono innamorato del romanzo e ho fatto di tutto per incontrare l’autore; poi l’ho coinvolto nella scrittura di All’amore assente. E’ stato soprattutto il titolo a colpirmi: evoca l’idea che quando una persona entra in crisi con il proprio sistema-mondo si rende conto che, se sparisse, tutto andrebbe avanti senza di lei. Il mio protagonista fa proprio questa scoperta, nel momento terribile in cui perde la madre e contemporaneamente sta per diventare padre.
Il protagonista è un ghost-writer che scrive discorsi per i politici. Qual è il suo punto di vista?
Viviamo in un clima di perenne competizione elettorale e assistiamo continuamente a sfibranti sedute politiche, per poi scoprire che non portano a nulla. Se ci riflettiamo, i candidati alle prossime elezioni sono gli stessi di 10 anni fa. Andres, il protagonista che decide di scomparire, scrive discorsi politici ma non gli importa per chi, è profondamente deluso. Il lavoro che fa gli piace, ma si sente perdente perché non può farlo come vorrebbe. E’ talmente sfiduciato che pesca nella poesia di Walt Whitman le parole e la forza di fare il suo mestiere.
I personaggi del film sono molti, ma dalla storia emerge un senso generale di solitudine.
Il film si svolge tutto nell’arco di tempo di un comizio elettorale che, appunto, sa di poesia, e l’idea è che la politica è incredibilmente lontana da tutti noi, non sa più occuparsi delle persone e dei loro problemi. C’è assenza di amore, non nel senso “sentimentale” del termine ma di una generale freddezza che non ci fa vedere ciò che ci circonda. La pioggia incombe su tutto il film, dall’inizio alla fine, e anche questo dà il senso di una certa incomunicabilità e di un percorso di ricerca.
Nel film compare anche Eva Robin’s con cui avevi già lavorato.
Eva era la protagonista di L’auto del silenzio, che vinse Arcipelago nel 2002. Lì interpretava una donna (ispirata al personaggio di Silvana Mangano in Teorema), che girava in macchina per una notte intera senza mai parlare, incontrando delle persone e comunicando con loro attraverso il silenzio. Anche qui è in macchina, e fa la tassista.
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