Anders Rønnow Klarlund


Strings“Ero in viaggio, in aereo. Iniziai a immaginare marionette inseguite da un esercito. Ognuno dei personaggi era collegato e mosso da una grande massa di fili che andava alto in cielo tanto da non vederne la fine”. Anders Rønnow Klarlund, autore danese di film fantasy, racconta alcuni momenti che hanno spinto lui e la sua troupe alla realizzazione di Strings, pellicola ambiziosa, animazione artigianale che porta l’arte delle marionette al cinema e la rinnova fino a farla diventare uno straordinario mezzo per la creazione di un dramma dal tono shakesperiano per piccoli e grandi su temi universali quali l’amore, l’identità culturale, la morte, il potere, la guerra e la libertà. Strings, prodotto con 5 milioni di € da Bald Film e Zentropa Entertainment 5 ApS, è stato selezionato ai Venice Days della 61. Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia e verrà proiettato il 4 settembre prossimo al Palagalileo (ore 11:00). Saranno presenti a Venezia il capo marionettista, Bernd Ogodnik, e il regista.

“Bound by love, tied by hate” recita il film (circondati dall’ amore, legati dall’ odio, trad. it.).
StringsLa domanda che ci siamo posti è stata: “Cosa vuol dire essere marionette? Come ci si sente?”. Questi esseri inanimati ci ricordano la nostra stessa fragilità interiore, il sentimento di venire in qualche modo controllati da forze che noi stessi stentiamo a vedere e riconoscere. Così il nostro protagonista, Hal, convinto di conoscere il nome dell’assassino di suo padre, parte per andare a vendicare la sua morte e solo alla fine si rende conto che il nemico è egli stesso, nessun altro. Ma come ognuno di questi personaggi è guidato da forze negative, può ugualmente esserlo, se lo vuole, da forze positive.

Il film insiste molto sulla guerra e sul diritto alla propria identità culturale.
Discorsi che valgono oggi per il presidente degli Stati Uniti, George Bush, e per il nostro primo ministro danese. Entrambi, come le nostre marionette, potrebbero essere controllati da forze alle quali non sanno di sottostare.

“Strings”, una fiaba con riferimenti a Shakespeare?
StringsDa William Shakespeare abbiamo preso la volontà di non creare alcun effetto narrativo di sorpresa ma dramma, facendo completamente partecipe lo spettatore dei sentimenti più vivi e intimi dei personaggi. Sotto quest’ottica Strings vuole poter essere visto più volte. Al contrario film come Il sesto senso giocano su un’ unica grande sorpresa: si consumano in una unica visione. Il linguaggio intende essere semplice e poetico al tempo stesso. Ho scritto i dialoghi insieme a una scrittrice danese, Naja Marie Aidt. Noi danesi ereditiamo l’idea di Hans Christian Andersen secondo cui una fiaba deve riflettere la vita a essa contemporanea. Oggigiorno la gente comune non crede più a interpretazioni della realtà che si muovono sulla dialettica male/bene, piuttosto su causa/effetto. Nonostante ciò continuiamo a scrivere fiabe seguendo queste coordinate.

I fili che muovono le marionette diventano corde di arpa o violoncello, suonate dagli stessi personaggi.
La musica non doveva sottolineare gli avvenimenti ma il sentimento più intimo dei personaggi. Alcuni di essi, in particolare Jhinna, la sorella di Hal, essendo in particolare contatto con la ragione più profonda degli avvenimenti è in grado di suonare le corde del proprio destino.

Quante marionette e marionettisti avete impiegato per “Strings”?
Non avevamo marionette ma un centinaio di parti di marionette, ognuna delle quali veniva unita ogni volta in modo diverso alle altre per formare una nuova marionetta. Ogni personaggio veniva mosso da 3 marionettisti. In tutto avevamo un gruppo di 30 marionettisti guidati dal capo marionettista, supervisore di tutto il dipartimento tecnico coinvolto nel progetto di costruzione e manutenzione delle marionette.

Le marionette sono state ideate e create apposta per “Strings”.
StringsEra molto difficile trovare delle marionette che soddisfacessero le esigenze del progetto. L’idea era quella di portare al cinema una tradizione antichissima come quella delle marionette e rinnovarla fino a poterne fare un’opera contemporanea. All’inizio ero andato a Praga, una città dove l’artigianato delle marionette è ancora molto attivo, ma tutto quello che avevo visto non aveva esercitato alcun appeal su di me. Ci siamo convinti che dovevamo creare nuove marionette. Ognuna di esse era costruita con un materiale diverso a seconda del tipo di emozione che doveva trasmettere. Ad esempio Jhinna, per la sua straordinaria sensibilità è diventata di porcellana. Kahro, il padre di Hal, un uomo buono ma che si era lasciato influenzare dalla malignità del fratello, è stato costruito in legno, ma il volto mostra alcune incrinature. Ogni materiale doveva esprimere le intime emozioni dei personaggi.

Per gli ambienti invece siete ricorsi ad un’animazione al computer.
Solo per ingrandire gli ambienti. Per esempio una scena dove Hal vaga nel deserto, chiaramente quel deserto nella realtà equivaleva a poca sabbia. Le marionette sono alte quanto 1/3 di un uomo di media statura.

autore
26 Agosto 2004

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