Una impressionante panoramica sulla bidonville di Rosarno apre Quello che non sai di me di Rolando Colla. E l’indignazione per i lavoratori africani pagati 2 euro l’ora per la raccolta nei campi, e ridotti in condizioni di schiavitù, torna nel finale, quando il protagonista lancia il suo atto d’accusa in un’aula di tribunale dove è costretto a confrontarsi con un dilemma morale di ardua soluzione. E’ una storia d’amore poetica ma con un cuore politico, quella di Ikendu e Patricia. Lui (Koudous Seihon, visto in A Ciambra di Jonas Carpignano) è un rifugiato del Mali arrivato in Svizzera dopo un lungo viaggio doloroso, attraverso la Libia e il Sud d’Italia, con il ricordo delle torture subite nel suo paese dagli islamisti che lo legarono a una tavola e, con uno straccio in bocca, lo seviziarono per tre giorni, fino quasi all’asfissia. Un destino quasi segnato, il suo, perché è difficile per un migrante levarsi di dosso l’etichetta di reietto e malavitoso e perché anche i suoi migliori amici, amici fraterni, possono ingannarlo. Ma l’incontro a Bellinzona con Patricia (Linda Olsansky) sembra aprire un inatteso spiraglio. Lei è una donna dalla vita sentimentale tormentata, che scopriamo essere anch’essa un’immigrata dalla Repubblica Ceca, ma ormai ben inserita nel contesto svizzero, ripara biciclette in un’officina e cerca sesso occasionale, ha avuto due figlie di padri diversi, uno dei quali si è eclissato, l’altro risposato e poco interessato alla figlia di primo letto. Il legame tra Patricia e Ikendu si sviluppa rapidamente, è un rapporto gioioso e molto fisico, pieno di passione, che supera il pregiudizio e anche il retropensiero che lui possa essere a caccia di un permesso di soggiorno: in breve si sposano e diventano una famiglia, ma ci sono dei punti oscuri, dei pezzi di vita di cui Ikendu, bello come un principe ma sempre silenzioso, non parla. E quando arriva l’arresto per spaccio, anche la fiducia di Patricia si incrina.
L’italo-svizzero Rolando Colla, dopo Sette giorni, torna a raccontare un amore stavolta in un contesto di disagio sociale costruendo una parabola contemporanea sulle migrazioni, tema ricorrente nel cinema ma che trova angolature diverse. Autore di film come Oltre il confine (2002), L’altra metà del cielo (2007) e Giochi d’estate (2011), presentato alla Mostra di Venezia, si muove a suo agio tra i paesaggi del Ticino e l’Italia, in particolare Salerno, dove Ikendu si reca per consegnare dei pannelli solari ignorando i retroscena di questa attività.
Il film, a cui i due interpreti donano una toccante verità emotiva, è una coproduzione tra la svizzera Peacock Film e l’italiana Solaria Film, con il contributo del MIBACT DG CINEMA. Presentato in anteprima allo Zurich Film Festival, inizia il suo percorso distributivo nella formula mista: sala virtuale e fisica. Le proiezioni in streaming sono affiancate da un tour nelle sale e nelle arene estive. Già disponibile on demand su The Film Club di Minerva Pictures, dal 1° luglio sarà visibile anche sulle piattaforme Chili e Google Play, mentre domenica 5 luglio sarà protagonista di un evento speciale su Più Compagnia, la sala virtuale del Cinema La Compagnia e di Regione Toscana (www.cinemalacompagnia.it), in programma alle ore 21. La proiezione sarà preceduta dall’introduzione del regista e degli attori protagonisti. Il biglietto (3,99 euro) sarà acquistabile fino a due ore dopo l’inizio dello spettacolo e il film resterà fruibile allo spettatore per le successive 24 ore.
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