Non è un remake come si era erroneamente detto, ma piuttosto un prequel, un nuovo principio o, per dirla all’americana, un ‘reboot’. Stiamo parlando di Amici miei… come tutto ebbe inizio, il film che riprende il titolo e lo spirito del classico monicelliano ma ne cambia, per forza di cose, il cast. E conseguentemente l’ambientazione.
“Ripresentarsi con un seguito, che necessariamente doveva essere interpretato da altri attori – della cricca originale è rimasto in vita il solo Gastone Moschin – sarebbe stato un confronto poco simpatico. Inoltre è cambiata la società: la gente al giorno d’oggi ha poca voglia di ridere e mettere in scena beffe e zingarate, magari incentrate sull’uso di telefonini e computer, sarebbe stato poco credibile e poco funzionale dal punto di vista cinematografico”.
Salto dunque nella Toscana del ‘400, per un film in costume estremamente curato. “Il set – spiega Luigi De Laurentiis, che produce assieme al padre Aurelio – è costruito in maniera da sembrare dinamico e reale. L’architettura è pensata in modo da restituire la giusta profondità anche quando di riprende uno scorcio da un interno, per esempio da una finestra. Non volevamo barare, facendo un film ambientato in due camere, ma dare allo spettatore la sensazione di essere davvero in quell’epoca”.
La messinscena fa il suo effetto, grazie al lavoro di grandi esperti come lo scenografo Francesco Frigeri, la costumista Alfonsina Lettieri, il fotografo Luciano Tovoli, che grazie a sofisticati e costosi marchingegni – “un milione di euro a comprarli. Qui sono a noleggio”, specifica De Laurentiis junior – si occupa di tenere omogenea l’illuminazione.
Ma nel film non c’è solo il set di Cinecittà, che recupera parzialmente quello costruito per una fiction su San Francesco.
“Le location comprendono i posti più suggestivi e significativi della Toscana: Firenze, San Gimignano, Certaldo, Monteriggioni, Pistoia, Poggibonsi. Dalla Film Commission abbiamo ricevuto disponibilità e aiuto per ottenere i permessi, ma non abbiamo richiesto finanziamenti – continua Luigi – è stato un lavoro assai impegnativo. A Firenze abbiamo potuto girare a Piazza della Signoria, a Palazzo Vecchio, a Santa Maria Novella. Ma poi c’erano da eliminare tutti gli elementi moderni: strisce pedonali, antenne. Alcune cose le toglieremo in post produzione, ma per alcune scene era davvero necessario un set ricostruito”.
Le riprese termineranno ai primi di luglio, per un totale di circa 11 settimane di lavorazione. Un’organizzazione complessa, che ha richiesto un lavoro certosino per far combaciare gli impegni del nutrito cast. Il film uscirà nei primi mesi del 2011.
Abbiamo potuto vedere le botteghe di tutti i personaggi principali: il falegname (Massimo Ceccherini), lo speziale (Paolo Hendel), il locandiere (Giorgio Panariello). C’è poi un nobile decaduto (Massimo Ghini), la cui casa è costruita su pistoni perché a un certo punto delle riprese dovrà crollare. E ancora Christian De Sica, Michele Placido e infine Alessandro Benvenuti nei panni di Lorenzo il Magnifico in persona.
“Abbiamo mantenuto, laddove possibile, i mestieri dei personaggi originali – spiega ancora Neri Parenti, che lavora da anni a questo progetto, iniziato assieme ai creatori della serie Benvenuti, De Bernardi e Pinelli – laddove c’era un ristoratore, qui c’è un locandiere, laddove c’era un medico, qui c’è il cerusico. E non manca il nobile decaduto. Il giornalista non poteva esserci, naturalmente, per cui l’abbiamo sostituito con un questore. Là c’era l’esorcismo della paura di morire. Qui l’esorcismo della morte vera e propria, rappresentata dalla peste. Il linguaggio l’ho voluto universale: abbiamo evitato di fare come in ‘Brancaleone’, mediando la toscanità dei personaggi con delle battute comprensibili anche a chi non conosce il dialetto. E non poteva certo mancare la ‘Supercazzola’. Il mio sogno è realizzato al 100%”.
E naturalmente largo impiego di paglia, letame (autentico), cavalli, oche e capre – una delle quali, non molto amichevole, prova a morderci – e perfino due leoni.
Prima il piacere e poi il dovere, dopo il gradevole giro di set arriva Aurelio De Laurentiis, e la discussione verte di più sul tecnico: “In Italia il Governo non ha mai capito che i Beni Culturali sono la nostra più grande risorsa, e non l’industria pesante – risponde interrogato sui recenti tagli alla cultura – ce le avessero gli americani le risorse culturali che abbiamo noi, le sfrutterebbero molto meglio di quanto sfruttano Disneyland. Quanto pensate che si fermi una famiglia tedesca di ceto medio che viene a visitare Roma? Un giorno, non di più. Visto il Colosseo, che gli rimane da fare? Ma se il Colosseo fosse pieno di gladiatori in costume, se riuscissimo a trovare il modo di spiegare anche a loro, attraverso la spettacolarizzazione, cos’era il ‘panem et circenses’, allora le cose cambierebbero. La verità è che la cultura non dovrebbe stare in mano a burocrati o a teoreti ministeriali, ma a manager esperti. Roma dovrebbe essere la città del cinema, ma provate a girarci un film. Costa il triplo che a Parigi, o a New York. Proprio il cinema dovrebbe essere lo strumento per portare all’estero il ‘made in Italy’, ma si continuano a finanziare invece film che nessuno vuole vedere. Il governo resta sordo e invece di fare del cinema la prima industria del nostro paese, lo sopporta e lo supporta molto limitatamente. Non è con una manciata di soldi che si risolvono i problemi della crisi culturale: mancano le leggi sulla pirateria, la regolamentazione degli acquisti di Pay e Free tv”.
De Laurentiis Senior coglie l’occasione per togliersi un sassolino dalla scarpa: “Si dice che ‘noi dello spettacolo’ sperperiamo i soldi, io stesso sono stato tirato in ballo. Ma non risulta a nessuno che le pellicole prodotte da Filmauro non abbiano incassato soldi sufficienti per restituire il dovuto laddove fosse stato concesso un finanziamento. Quei soldi non gonfiano le tasche dei produttori, ma vengono restituiti e, in seconda battuta, fanno da volano per realizzare altri film”.
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