“Civilizzazione e civiltà sono due parole diverse”, soprattutto nel profondo West degli Stati Uniti d’America del 1857. È proprio in questo contesto specifico, in particolare nel “selvaggio e indomito” Utah durante la guerra tra i mormoni del governatore Brigham Young e il governo federale degli USA guidati dal presidente James Buchanan, che si ambienta la miniserie Netflix American Primeval. Diretta da Peter Berg, già creatore dell’acclamata serie Friday Night Lights e regista di Painkiller, ci porta in uno dei contesti più violenti che la storia statunitense ricordi, un luogo e un tempo in cui neanche donne e bambini erano risparmiati dalla sete di sangue di uomini accecati dal potere politico e religioso.
In questa “America primordiale”, dove non esistono leggi – che siano civili o morali – e dove una morte cruenta si nasconde dietro ogni angolo, seguiamo le avventure di una donna e un bambino, alla ricerca di (o forse in fuga da) qualcuno. Ricchi ma inermi, madre e figlio, si trovano invischiati nel sanguinoso e complesso conflitto che vede coinvolti, in schieramenti fluidi, mormoni, nativi americani, pellegrini e forze federali. Il più celebre episodio storico che contraddistinse questa guerra è il cosiddetto “massacro di Mountain Meadows”, la cui efferatezza impone il tono della serie.
Come già si evince dal trailer “per un pubblico adulto” rilasciato da Netflix, American Primeval vuole contraddistinguersi da una violenza raccontata senza filtri, cercando di rappresentare con cruento realismo quella frontiera americana costruita sul sangue di criminali e innocenti, colpevoli e vittime. Questa scelta viene portata avanti con coerenza dal regista Peter Berg, specialista del genere di guerra, attraverso una fotografia fortemente desaturata – in cui l’unico colore concesso è il rosso del sangue – e un’attenzione particolare sulle scenografie e i costumi. Tutto nel mondo che circonda i protagonisti della storia ha in sé qualcosa di marcio, sporco e nauseante, elementi di disturbo che ci ricordano come nello Utah di metà Ottocento – dove si viveva nel fango e ci si uccideva al primo diverbio – non ci fosse spazio per la bellezza, la pace e, soprattutto, la compassione. Proprio la volontà di avere come protagonisti una donna e un bambino istruiti e di buona famiglia, serve a ricordarci ciò che hanno perduto nel loro viaggio a Ovest: la civiltà delle grandi città dell’Est. A loro si aggiungono, tra gli altri, una giovane ragazza nativa e una donna mormone, vittime anch’esse, a loro modo, del prototipo malsano di società in cui si trovano a vivere.
Notevole il cast corale che alla protagonista Betty Gilpin affianca un nome di punta come quello di Taylor Kitsch, attore feticcio del regista, nei panni del tormentato ma eroico cowboy Isaac. Non mancano i classici cattivi da western come il commendatore Brigham Young (Kim Coates), con la sue “sole” venti mogli, e il suo braccio destro Virgil (Jai Courtney) e personaggi più sfaccettati come il saggio Jim (Shea Whigham) e il mormone Jacob (Dane DeHaan), stretto tra al sua fede e l’amore per la moglie Abish (Saura Lightfoot-Leon). Le loro vicende personali, tra intense sparatorie, colpi di scena e fiumi di sangue, si intrecciano efficacemente con la storia realmente accaduta, portando avanti una visione lucida dei compromessi etici su cui sono stati fondati gli Stati Uniti.
In una stagione cinematografica che ha visto il fallimento al botteghino dell’ambizioso western Horizon, Netflix presenta un progetto che si rifugia nel formato che forse avrebbe fatto bene anche al colossale film a episodi di Kevin Costner. Per l’occasione Berg si ispira alla lezione del Revenant di Iñárritu (esemplare il piano sequenza scelto per mettere in scena il massacro di Meadows) più che a quella dei classici del genere. Pur inevitabilmente prevedibile in alcuni snodi di trama tipici del western e privo di una visione estetica realmente d’impatto, American Primeval ci porta a conoscere personaggi tridimensionali e coerenti alle prese con un modo di affascinante bestialità, da cui, magari inorridendo, difficilmente vorremmo allontanarci.
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