Allen: “Il lockdown, un tema che non m’ispira”, per un film

Allen: “Il lockdown, un tema che non m’ispira”, per un film


Woody Allen trascorre il proprio lockdown  “fra quattro mura e non fa una grande differenza con la mia vita precedente. Mi sveglio ogni mattina e lavoro alla sceneggiatura di un film o al copione di una pièce di teatro. La vera differenza, e – diciamolo pure – il baratro è che, per mia moglie e per me, alla fine della giornata, invece di uscire non c’è nient’altro da fare che guardare la tv, leggere o fare il tapis roulant. Sì, il tapis roulant. Diciamo che stiamo vivendo un incubo un po’surrealista”: con queste parole, già un po’ pessimiste, il regista americano racconta il proprio modo di vivere il blocco sanitario e così si può intuire cosa ne possa pensare in merito al fatto che la pandemia possa essere soggetto d’ispirazione per un eventuale film, come ha dichiarato al francese “Le Point” in occasione dell’uscita (il 2 giugno Oltralpe) del suo libro A proposito di niente.   

E’ il contrario di un tema che m’ispira. Ed è anche del tutto scoraggiante. Continuo a chiedermi quali saranno le conseguenze sulla vita sociale, sul teatro, sul cinema… riapriranno mai?”.

Woody Allen ha anche parlato del libro, in cui scrive inoltre delle accuse a suo carico per molestie sessuali e del perché – secondo lui – molti attori che lo sostenevano non hanno mai preso posizione in suo favore: “era un’epoca (quella del maccartismo americano) in cui si poteva denunciare il proprio vicino con un’accusa fondata assolutamente sul nulla, e sulla quale non serviva proprio a niente dimostrare la falsità. L’accusa equivaleva alla colpevolezza e alla sentenza. E’ ingiusto, accade in tutte le epoche e, grazie a Dio, ripeto, non siamo ancora al maccartismo. Non sono stato buttato in prigione come tanti artisti e scienziati, ma parlo di questo perché ne sento un vago odore”, ma “Molti attori mi hanno detto di essere inorriditi dalla reputazione, chiaramente ingiusta, che mi hanno creato e che stavano dalla mia parte, ma quando ho chiesto loro perché non lo dicessero apertamente, mi confessavano di avere paura delle conseguenze per la loro carriera. Come spiego nel libro, in questo non mancava l’ironia: era esattamente lo stesso motivo che adducevano le donne che erano state molestate per spiegare il motivo per il quale non avevano denunciato il loro molestatore: la loro carriera ne avrebbe sofferto”.

14 Maggio 2020

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