VENEZIA – “Una piacevolissima occasione di sperimentazione”. Così Alice Rohrwacher ha vissuto l’esperienza di De Djess, il nono cortometreggio della serie Miu Miu Women’s Tales promossa con le Giornate degli Autori. L’idea è quella di esplorare la creatività femminile partendo dallo spunto degli abiti della casa di moda, e la regista di Corpo celeste e Le meraviglie l’ha sviluppata mostrando dei vestiti che approdano a riva come naufraghi e vengono raccolti da un gruppo di suore che li mettono ad asciugare. Mentre dei paparazzi irrompono in scena per fotografarli, uno di questi abiti prende vita tra le mani di un’attrice famosa (Alba Rohrwacher) che parla in una lingua inventata. Il cortometraggio – che quest’anno è affiancato da Les 3 boutons di Agnès Varda (il numero 10 della serie) – è visibile a questo link.
Che esperienza è stata quella di De Djess?
È molto divertente partire da un budget fisso ma avere una totale libertà espressiva. L’unica indicazione imprescindibile che avevo era di parlare dei vestiti, e io, per onestà, ho reso gli abiti protagonisti. Ne ho approfittato per sperimentare tecniche e soluzioni che non ho mai la possibilità di frequentare, come la stop motion, l’uso delle immagini fisse, la pellicola 35 millimetri e l’uso di una lingua inventata. Era il mio sogno da sempre girare qualcosa in cui e parole che hanno un suono ma non un significato, sul set gli attori hanno improvvisato.
Che rapporto ha con la moda, nella sua vita personale e professionale?
Credo che nessuno di noi sia in grado di valutare davvero le influenze a cui è sottoposto, ma credo anche che nessuno possa dire di non essere affatto influenzato dalla moda, che rappresenta tante cose: il sogno di un altrove, un segno distintivo di classe, l’allegria, l’identità… Diciamo che io non mi sento particolarmente influenzata ma so di esserlo come tutti, in più ho una passione per le forme, i colori e le immagini. Nei miei film, ad esempio, il lavoro della costumista è importantissimo.
Il progetto di Miu Miu e Venice Days riflette sulla creatività femminile. Secondo lei ha abbastanza spazio nel mercato cinematografico?
Si parla moltissimo di cinema al femminile, e questo è il segno che c’è un problema, infatti non si parla mai di cinema maschile. L’identità di genere è importante, ma deve essere la base di una forza, non di una riserva indiana.
Ha un senso parlare di sguardo femminile?
Il problema è che all’aggettivo femminile viene di solito associato il concetto di delicatezza, fragilità, poesia, ma la donna può essere madre e gorgone, dolce e violenta, debole e forte. Bisogna lasciare alla donna lo spazio di essere ciò che vuole, quindi anche forte.
Che progetti ha in ballo ora?
Sono in fase di scrittura e di ricerca per il mio prossimo film, intanto sto preparando la regia dell’opera lirica La traviata, che verrà messa in scena a Reggio Emilia.
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