A far due più due tra il manifesto pieno di fiori, il nome della protagonista – e del film – e la relativamente recente trasposizione burtoniana del celebre romanzo di Lewis Carroll, sembrerebbe proprio che l’Alice dell’esordiente Oreste Crisostomi, dal 25 giugno al cinema in 50 copie con Medusa, sia soprattutto una fiaba.
Il giovane regista ternano non nega questa definizione, ma preferisce pensare la sua opera prima come “un romanzo di formazione surreale, trasposto sullo schermo”.
In effetti, tra citazioni di Aki Kaurismäki (“soprattutto nel rapporto uomo – donna e nella loro difficoltà a comunicare”, dichiara il regista), i colori pastellati della fotografia di Antonello Emidi, ispirata a Edward Hopper e Gregory Crewdson, e un finale che ricorda da vicino E la nave va di Fellini (ma anche, per ammissione di Crisostomi, I tre volti della paura di Mario Bava), le situazioni oniriche e irrazionali non mancano.
“Il film non ha nulla di verosimile – specifica ancora il regista – Tutti i personaggi sono sopra le righe. Alcuni dialoghi ricordano volutamente le vecchie réclame di Carosello“.
Si tratta, come da tradizione nostrana, di un film corale, dove una serie di personaggi mette in mostra le proprie insicurezze e le proprie fragilità. A far da collante, c’è il personaggio di Alice (una deliziosa Camilla Ferranti), timida ragazza di provincia che non riesce a comunicare coi suoi genitori ed è innamorata di un collega che non la ricambia.
“Non ho preso a modello qualcosa di già visto – racconta la giovane attrice narrando la costruzione del suo personaggio – sono andata scavando dentro di me, scoprendo che ognuno di noi può avere timore nei confronti del mondo. Specialmente in una realtà come quella di provincia. Questo è secondo me il cuore del film: la persona nella provincia. Tutti i personaggi che circondano Alice le appaiono decisamente più risoluti di lei. Lei li invidia, ma al contempo li disprezza anche un po’. E alla fine si riveleranno molto più fragili del previsto”.
La provincia in questione è quella ternana. Il Ministero ha concesso un fondo di 600mila euro, “per i quali – dice il regista – mi sono sentito molto responsabilizzato”, su un costo totale di 950mila.
Accanto alla protagonista, recitano diversi volti noti: Fioretta Mari, Gianfranco Barra e Catherine Spaak sono rispettivamente la mamma, il papà e la saggia e matura amica del cuore. Ci sono poi le “veterane” Gisella Sofio e Anna Longhi e i giovani, che costituiscono la parte più nutrita del cast: Antonio Ianniello, Catherina De Regibus, Anna Dalton, Elena Sinibaldi, la ternana DOC Emanuela Aureli e Massimiliano Varrese, che canta anche la canzone sui titoli di coda “L’amore che cos’è”.
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