VENEZIA. “Fellini mi ha detto che non sono un regista, è meglio che smetta, ma resto un grande poeta e scrittore”, così un Pasolini molto depresso sul set del suo esordio Accattone, dopo aver visionato il materiale girato insieme a Fellini che con la sua Federiz si ritira dal progetto inizialmente sostenuto. Sciolta la troupe, la produzione del film si ferma per qualche settimana, ricorda Bernardo Bertolucci all’epoca aiuto regista di Pasolini. E’ allora che entra in campo Alfredo Bini (1926-2010) che, convinto del talento di Pasolini, produrrà alcuni dei suoi primi film sino a Edipo re del 1967.
Un produttore, come ci racconta il documentario Alfredo Bini, ospite inatteso di Simone Isola (Venezia Classici), che grazie al suo coraggio e anticonformismo ha contribuito a una stagione importante del nostro cinema. La sua sfida sta tutta in quel commento quando ritira, dalle mani di Amedeo Nazzari, il Nastro d’Argento come produttore per Edipo re: “Da sempre sono convinto che il pubblico possa accettare cose di qualità e decretarne il successo commerciale, a differenza di quegli esercenti e distributori abituati a puntare solo al prodotto banale”.
Alfredo Bini, ospite inatteso – prodotto da Kimertafilm, Axelotil Film e Luce Cinecittà che lo distribuisce – ripercorre la vicenda professionale e umana del produttore, a partire da quel giorno del 2001, quando in un motel di Montalto di Castro si presenta Bini ormai anziano, in difficoltà finanziarie e senza casa, e chiede ospitalità per qualche giorno. Vi rimarrà fino alla fine, perché il proprietario Giuseppe Simonelli, scoprendo man mano il suo passato, decide di ospitarlo e di offrirgli un alloggio dove portare le sceneggiature, i suoi appunti, le foto, insomma tutti i suoi ricordi.
Tra i due s’instaura un rapporto quasi padre e figlio, e oggi Simonelli è diventato il custode di una memoria importante, a cominciare da quel diario di cui Valerio Mastandrea legge alcuni brani nel film.
“L’idea è di mettere a disposizione di tutti questo archivio di Bini creando una fondazione e una struttura che lo ospiti, con il coinvolgimento del Comune di Montalto di Castro”, spiega Simonelli .
Bini, produttore di oltre 50 titoli, muove i primi passi con due pellicole importanti di Mauro Bolognini, Il bell’Antonio e La viaccia. La separazione da Pasolini di cui produrrà anche – Mamma Roma, l’episodio di Rop.Go.Pa.G., Il Vangelo secondo Matteo, Comizi d’amore, Uccellacci e uccellini – è appena motivata a distanza di tempo: “Sentivo odore di morte”. Da quel momento il suo declino è rapido e si consuma in un quindicennio scarso che lo vede impegnato in film minori o non riusciti, talvolta di genere erotico e esotico, ma ci sono anche due film di Bresson e Buñuel.
A raccontarci tutto questo sono le voci di: Claudia Cardinale, Gianni Bisiach, Giuseppe Simonelli, Bernardo Bertolucci, Giuliano Montaldo, Ugo Gregoretti, Don Backy, Bruno Torri, Piero Tosi, Enrico Lucherini, Manolo Bolognini, Rino Barillari.
Il regista Isola ha conosciuto Bini pochi mesi prima della sua scomparsa e si è fatto l’idea di un “simpatico guascone, dalla personalità autoritaria ma venata di fragilità”. Un uomo che sfuggiva alla etichette politiche. “Nel suo percorso c’era anche l’adesione alla Repubblica sociale di Salò, ma era una delle tante esperienze vissute da una persona che amava il rischio e della quale non si vantava – dice Isola – spesso presentato come un uomo di destra era invece un anarchico, un anticonformista, una figura fuori del coro. Di lui ammiro quell’amore per il rischio, al di là del calcolo imprenditoriale, nella sua storia di produttore”. Una vicenda che non può non interessare il regista esordiente che finora è stato produttore di film tra cui Non essere cattivo di Claudio Caligari.
Quel che colpisce della vita di Bini è l’inesorabile e veloce declino nel mondo del cinema. Le ragioni si mescolano: difficoltà economiche legate alla censura, i mutamenti del mercato, la separazione dalla moglie Rosanna Schiaffino. L’ultimo film prodotto è Banana Republic (1979), mentre Bini si lancia in progetti cinematografici che rimarranno sulla carta, dalla vita di Guglielmo Marconi all’Inferno con Vittorio Gassman nel ruolo di Dante e la regia di Orson Welles. Accarezzerà anche l’idea, coinvolgendo l’architetto Vittorio Gregotti, di realizzare il Palazzo Italia a Pechino.
“Di sicuro Bini era un uomo generoso, non aveva il senso della proprietà, il denaro non era l’obiettivo principale ma uno strumento”, conclude Simonelli.
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