VENEZIA – Il regista di genere e il campione di calcio, lo sguardo artistico e un’avventura da cinema: Messi di Alex de la Iglesia, film di chiusura delle Giornate degli Autori, cattura il calciatore argentino nel momento della sua massima popolarità grazie all’occhio profano, ma curioso, del cineasta spagnolo autore di Crimen Perfecto. Con materiali di repertorio, ricostruzioni e commenti di esperti e amici, Messi restituisce la leggenda del calciatore che sembrava destinato a rimanere piccolo e fragile, e che invece ha conquistato quattro Palloni d’oro.
Come è capitato questo bizzarro incontro tra Messi e de la Iglesia?
Il progetto è nato su incarico di un produttore che mi ha proposto di girare il film su la Pulce. La prima cosa che ho detto, ovviamente, era che non sono la persona giusta perché non sono esperto di calcio. Ma questo poteva essere anche un vantaggio, perché avevo voglia di scoprire io stesso il personaggio e di imparare qualcosa sul calcio. È importante che lo spettatore sappia che io non esprimo opinioni in nessun momento, ci sono gli esperti per farlo.
È curiosa la scelta di mettere tutti dentro un ristorante…
Mi interessava la sfida tecnica di realizzare un film di interviste, ma senza teste parlanti. Per questo abbiamo pensato di fingere una enorme cena in cui si siedono a parlare di Messi campioni di calcio, amici, familiari. L’obiettivo era farli parlare del calciatore argentino in modo disteso, per fare un film piacevole su un personaggio importante e ascoltare opinioni senza sensazioni di tensione e conflitto.
Che rapporta aveva con il calcio prima del film, e che rapporto ha ora?
Diciamo che sono un fanatico del cinema e non ho tempo per essere fanatico anche di calcio. Però mi piace molto la gente che fantastica e si emoziona e provo simpatia per chi vive il calcio con intensità. Mi piacerebbe amare di più il calcio, perché quando vai al bar e trovi tutti che parlano delle partite… li invidio.
Come ha scelto i protagonisti del documentario?
Le persone sedute al ristorante le hanno scelte soprattutto il mio montatore e Jorge Valdano, che li ha contattati grazie al suo prestigio nel mondo del calcio. Arrivare a loro senza di lui sarebbe stato impossibile.
Pensa che Lionel Messi sia un personaggio, di per sé, molto cinematografico?
Sì, perché potrebbe somigliare a un personaggio di un film di John Ford: una persona onesta la cui vita è dedicata alla famiglia e alla sua città di origine. Uno che, se ha tempo per riposare, di certo non va a Las Vegas, ma nel suo quartiere di Rosario a passare il tempo con le persone che frequentava da ragazzo. Questo lo rappresenta molto ed è un vantaggio per lui, perché non si distrae. Il suo modo di esprimersi passa per i piedi, per il calcio, a lui interessa solo giocare.
Il posto in cui è nato e cresciuto è fondamentale.
Sì, infatti nel film si sottolinea che ha mantenuto persino l’accento di Rosario, continua a parlare come parlava lì. Questo fa sì che in Argentina lo apprezzino molto, ed è bene perchél’essere andato a Barcellona da molto giovane lo ha in qualche modo allontanato dai suoi fan. L’accento comunica l’affetto che prova per la nazionale argentina e l’importanza che riveste per lui.
Il calcio in Argentina equivale a due nomi: Messi e Maradona.
Se ne parla molto nel documentario, in effetti. Sono personaggi molto diversi. Nel film c’è un giornalista che dice che Maradona è l’argentino che siamo, e Messi quello che vorremmo essere. Io credo che non ci sia un miglior giocatore del mondo, preferisco sapere chi vive il calcio con più intensità e amore.
Nel film si parla anche del suo problema di crescita.
E’ uno dei grandi conflitti del personaggio. Messi è qualcuno che non solo ha dovuto lottare per essere un grande calciatore, ma per essere un calciatore. Era talmente basso che non avrebbe potuto giocare in una squadra di calcio: verso i 10 anni era un ragazzino debole, ma poi ha superato il problema. Questa è la storia di qualcuno che supera i suoi limiti: Messi ha superato una serie di problemi e ha dovuto dimostrare per un anno e mezzo che poteva essere adatto per andare a giocare nel Barcellona. Poi ha dovuto convincere la nazionale argentina che poteva essere argentino come gli altri e ha dovuto confrontarsi con il personaggio di Maradona. Infine, ora Messi deve riuscire a compiere l’ultimo passo: trionfare al Mondiale. Credo che ce la farà.
Che rapporto ha allacciato con Messi per girare il film?
Praticamente nessuno, ci ho parlato solo una volta per pochi minuti durante un allenamento, e non so nemmeno se ha visto il film. Preferivo tenerlo fuori, non volevo che facesse parte del film perché sarebbe diventato il documentario ufficiale su Messi. Ho preferito raccogliere l’opinione delle persone che gli vogliono bene.
Un’altra cosa molto cinematografica è la storia della nonna che lo spinse a giocare.
Sì, sembra una sorta di Rosebud, un elemento che lo spinge ad andare avanti e a essere quello che è. La nonna è quella che gli dice che un giorno sarà un grande giocatore.
E ora, dopo Messi, a cosa sta lavorando?
Farò un film tipicamente spagnolo che parla di come cerchiamo di convincere gli altri che siamo felici ma non ci riusciamo.
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