Alessandro Baricco


Produttore per caso. Domenico Procacci (leggi l’intervista di tamtam) prima di finanziare film come La stazione, Bad Boy Bubby, Radiofreccia, Come te nessuno mai, L’ultimo bacio e l’attuale Dust, aveva in progetto una carriera da regista o da sceneggiatore, non di producer. Proprio con il poliedrico Mr.Fandango (classe 1960), sono inziziati nello spazio Cinecittà a Venezia gli Incontri di Italia Cinema con i produttori italiani. I prossimi giorni toccherà a Cortesi, Donati, Curti, Tozzi, Corsi, Romoli, Mosca, Occhipinti, Pagani, Arcopinto, De Liberato e Cerri: ovvero la generazione che sta rilanciando il nostro cinema. Ognuno di loro sarà protagonista, insieme a ospiti misteriosi, di un gioco serio in cui saranno interrogati, con affettuoso piglio giornalistico, dai vertici di Italia Cinema: Luciana Castellina e Giorgio Gosetti.
L’ospite misterioso di Procacci è stato Alessandro Baricco, uno tra i più talentuosi scrittori italiani nonchè inventore della Holden, la scuola torinese per aspiranti scrittori. Ecco allora una doppia intervista.

Procacci, parliamo delle origini della Fandango. Un nome che richiama un film più che un ballo?
In principio la mia società si chiamava Vertigo, ma dopo avere negato per anni che l’ispirazione del nome Fandango derivasse dal bellissimo film di Kevin Reynolds sul tema della difficoltà di crescere, oggi ammetto tutto. Del resto ho prodotto troppi film su questo tema, e non solo quelli di Gabriele Muccino, a cominciare dal primo, Il grande Blek di Giuseppe Piccioni.

Ma lei voleva fare il regista.
Alla scuola Gaumont eravamo in tanti a voler fare i registi. Piccioni, Luchetti Grimaldi, Carlei e io. Però, nel 1986, al momento di scegliere il produttore del nostro primo film, toccò a me, casualmente rappresentante legale della cooperativa Vertigo, di esordire come timido produttorino. Come? Banche, prestiti, l’allora art.28, m’industriai come potevo. Mi piacque, e fu così che iniziai. Certo, dopo il fiasco di La bionda (1993) andai quasi ko, ma proprio in banca mi dissero: lei è giovane, cambi nome alla società e riparta.

Perché è scattata di recente l’attuale multimedialità Fandango?
Un’attività è diventata conseguenza dell’altra. Per esempio, trovo analoghe la distribuzione di film e l’editoria, perché vogliono portare al pubblico storie già raccontate. In ogni caso, la Fandango è luogo di contaminazioni e incroci, di libri che diventano film, di registi che progettano documentari e documentaristi che affrontano il cinema-cinema.

Baricco, lei è l’ospite misterioso della giornata. Che cosa ci fa al Lido con Procacci?
Per me risponde il mio produttore…(Procacci ha acquisito i diritti del primo romanzo di Baricco, Castelli di rabbia, e che dalla collaborazione fra lo scrittore e il critico Oscar Iarussi è nata una sceneggiatura ndr). Domenico dice che farà un film tratto dal mio libro. Secondo me non accadrà mai. La voglia di trasformare Castelli di rabbia in una pellicola spiega la particolarità di Procacci. Non ha senso un film da quell’opera. Però ha già tirato fuori i soldi, pochi ma buoni. No, il film non ci sarà.

Baricco, cosa le piace di Procacci?
Che lavora un po’ come facciamo noi a Torino alla Holden: la Fandango è un crocicchio per persone che vanno lì a fare benzina, a caricarsi d’idee. Procacci è uno che magnetizza energia, convoglia fantasie, forze e intelligenze di molti su un unico punto progettuale. E mi piace che insegua una libera struttura artistica ma sfruttando i trucchi dei prodotti più global del cinema. Conosce tutti i segreti per preparare e lanciare un prodotto che resta ‘contro’. Come è ‘contro’ Dust di Manchevski che a Hollywood proprio non lo avrebbero fatto. E invece con Procacci…”.

autore
30 Agosto 2001

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