“Ci ispira l’elegante e greve comicità di attori come Walter Matthau e Jack Lemmon”. Parla Giacomo per il trio di La leggenda di Al, John e Jack, parodia dei gangster movie nata da una delle gag di Tre uomini e una gamba, dove il trio nel giro di pochi minuti, tra slapstick e stupore, finiva a terra con i corpi pieni di pallottole. Questa volta, però, il gruppetto di mafiosi non si spara a vicenda ma centra inavvertitamente le persone sbagliate. I tre killer al servizio del Boss genovese Aldo Maccione, in una realistica New York fine anni ‘50, ogni volta confondono le loro vittime, fino a quando Jack l’impasticcato, il più imbranato, ne combina una grossa: tira un colpo in testa alla zia del capo. Per questo guaio saranno costretti ad escogitare un piano che faccia fuori il boss. Il film, costato a Medusa 7 milioni di € per la produzione e 2,5 per la promozione, uscirà il 13 dicembre in 700 copie.
In questo film l’investimento su scenografia e immagine è molto evidente.
Giacomo: Potevamo fare Al John e Jack solo in questo modo. Dovevano avere una scenografia all’altezza altrimenti avremmo realizzato le scene negli studi televisivi di Cologno Monzese, come abbiamo fatto per il ciclo degli “Svizzeri”. Ci sono molti effetti speciali realistici, l’utilizzo della cameracar. La scenografa, Elonora Ponzoni, ha fatto un ottimo lavoro. Ha ricostruito tutti gli interni e la facciata dell’hotel dove Al resta attaccato al cornicione.
E’ un gangster movie senza donne…
Aldo: Avevamo pensato a tante belle donne ma hanno rifiutato tutte.
Giacomo: Non c’è venuta nessuna idea simpatica per inserire qualche bellona al seguito dei gangster.
E Marina Massironi?
Ora sta realizzando il suo sogno, Bulli e pupe, un musical dove cantare e ballare. Ce l’aveva sempre chiesto ma noi siamo dei cialtroni e non siamo riusciti ad accontentarla.
Una parte delle riprese è stata effettuata a New York, come è andata?
Giacomo: Aldo e Giovanni sono due provinciali, non volevano andare negli Stati Uniti. L’idea di andare a New York è stata mia e del regista Massimo Venier. Dovevamo iniziare a girare nell’ottobre del 2001 ma, dopo l’undici settembre, abbiamo spostato la data d’inizio delle riprese a marzo. Siamo stati a New York per un mese e mezzo: sarà forse perché non parlo bene l’inglese ma non ho sentito quell’atmosfera cupa che mi aspettavo.
Aldo: durante il set newyorkese ho cercato solo una volta di avventurarmi da solo per la città. Avevo deciso di prendere un taxi per Times Square. Entro, dico al tassista “mi porti a Times Square”. Quello non parte e mi dice qualcosa. Io gli ripeto: “Times Square”. Quello resta fermo. Alla fine esco dal taxi e me torno in albergo. Solo dopo parecchi minuti capisco le sue parole: “da quale parte della piazza la devo lasciare?”.
Giovanni: il primo giorno di riprese Al si è presentato con un dito spezzato e Jack con un braccio rotto. Paolo Guerra, il nostro produttore, era molto arrabbiato. Ecco perché nel film il soprannome di Al è “Quattrodita”.
Sembra che la parodia del gangster rivesta un ruolo importante nella vostra comicità.
Giovanni: Tutti abbiamo apprezzato film come Mezzogiorno e mezzo di fuoco con Mel Brooks, ma non credo che il nostro stile sia legato alla parodia. Non ci attrae particolarmente anche se ogni tanto la utilizziamo per alimentare le nostre scene.
Questo film probabilmente contribuirà a mettere in pari la bilancia degli incassi del cinema italiano.
Giovanni: Se lo farà, sarà un bene me se non dovesse succedere ci penserà qualcun altro. Noi non sentiamo questa responsabilità. Sicuramente qualche altro film di Natale penserà a far quadrare i conti. Noi pensiamo al nostro pubblico.
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