“Un premio inaspettato, che mi ha colto di sorpresa, tanto che quando mi hanno detto di restare alla premiazione, ho pensato che avesse vinto l’attore”. Marc’Aurelio d’oro al Festival di Roma, arriva in sala dal 27 febbraio TIR di Alberto Fasulo. E’ la storia di Branko, un professore croato che ha perso il posto a scuola e ha deciso di mettersi a guidare un camion in giro per l’Europa, lungo un percorso di 30.000 km. È un lavoro duro ma serve a portare a casa uno stipendio che è quattro volte quello magro di insegnante. Al volante giorno e notte, con l’obbligo di fare una sosta ogni quattro ore e mezza (e se sgarri anche di pochi minuti la multa è salata), sempre di fretta, appeso a un incarico che arriva spesso all’ultimo momento, tra proteste dei colleghi e solidarietà fluttuante, trasformando la cabina in una casa viaggiante con tanto di brandina e cucina da campo.
L’autore è un documentarista, già acclamato per Rumore bianco, girato sul Tagliamento: TIR invece è una fiction, ma una fiction che affonda le radici nella pratica del documentario. La sceneggiatura, scritta con Enrico Vecchi e Carlo Arciero, ha vinto il Premio Solinas 2010, ma non è un oggetto “scritto a tavolino”, come ci racconta Fasulo in questa intervista. Prodotto da Nadia Trevisan e Alberto Fasulo per Nefertiti Film con una coproduzione croata e l’apporto di Rai Cinema, il film è distribuito dalla Tucker, una società con un forte radicamento sul territorio, con sede a Pordenone e Udine.
Questo progetto nasce da uno studio sul campo che è durato diversi anni.
Una volta, avendo perso il treno, ho chiesto per caso un passaggio a un Tir. Da lì ho iniziato un lavoro di ricerca durato quattro anni, durante i quali ho capito che per raccontare quel mondo avevo bisogno di un attore, per poter mostrare anche la sfera privata e intima. Ho trovato l’attore giusto in Branko Zavrsan, che ha accettato la sfida al 100%: prendere la patente e farsi assumere da una ditta italiana di trasporti internazionali vivendo come un vero camionista, tanto che anche il collega Mako, con cui condivide la cabina di guida in molte scene, non ha sospettato nulla.
Perché un’opera di finzione anziché un documentario tout court?
Avevo un chiaro punto di vista di regia, volevo raccontare una storia dentro una cabina dove un uomo vive e lavora per 4 settimane: è come entrare nel suo letto. Mi sono reso conto che per il vero camionista che avevo seguito nel lavoro di ricerca mostrarsi alla macchina da presa poteva essere complicato. Inoltre l’avrei messo in difficoltà con la sua azienda. Così gli ho chiesto se potevo raccontare la sua storia in un film di finzione. Ma siccome non potevo perdere il rapporto con la realtà ho chiesto a Branko di farsi assumere veramente. Insomma, si è creato un corto circuito tra realtà e finzione.
In un certo senso sembra che la finzione finisca per avvicinarsi al vero più della forma documentario classica.
Il concetto di vero è un concetto molto personale. Io non volevo fare un film di denuncia né usare la voce narrante. Anche in Rumore bianco, i personaggi erano lasciati essere quello che sono. Ma qui, per raggiungere il massimo di libertà etica, avevo bisogno di un attore che capisse il mio punto di vista.
Lei ribadisce che non si tratta di un film di denuncia, ma “TIR” riesce comunque a mettere in discussione tutti i limiti di una condizione umana e lavorativa estrema, dai turni massacranti all’alienazione dei rapporti familiari.
Come mi ha detto una volta un camionista non sarà il film a cambiare la vita dell’autotrasportatore. Ma la condizione che mostro è emblematica di una situazione generale di crisi economica: l’incertezza rispetto al futuro, il timore che tutto crolli da un momento all’altro, il paradosso di un lavoro che ti porta lontano dalle persone che ami e per la quali stai facendo questi sacrifici. In più qui si parla di un fenomeno di emigrazione di uomini dell’Est che lavorano per aziende italiane dislocate all’estero a tariffe più basse degli italiani. In qualche caso costretti a lavorare nove mesi di seguito per poi fare un mese di riposo, più spesso con una settimana di riposo dopo quattro settimane consecutive di lavoro.
Lei è tornato a vivere in Friuli da Roma. Come mai?
Ho capito che il Nordest, dove sono nato e cresciuto, è un valore proprio mentre vivevo a Roma e quindi ho deciso di tornare lì per fare i miei film.
E questa è una storia radicata nel Nordest, anche se attraversa tutta l’Europa.
In Friuli l’80% delle aziende di autotrasporto hanno chiuso dopo l’ingresso della Slovenia in Europa. Un italiano costa spesso più del doppio di un rumeno. Il camionista che ha ispirato la figura di Branko mi ha detto: “Mi mancano due anni per far laureare la mia terza figlia e poi questi 18 anni li chiudo in un sacco nero e li butto via”. Non è un eroe, ma uno fa quel mestiere per necessità, un professore di matematica che dopo la guerra ha perso tutto in un’Europa che sta diventando unita e squilibrata. Come professore guadagnava appena 450 euro. Ora circa il triplo.
Il Marc’Aurelio ha influito sulla vita del film?
TIR è stato venduto in Australia, Francia, Slovenia e Ungheria. Sta per andare a New York a Open Roads e sarà a Mosca.
Definirebbe TIR un on the road?
Il mio scopo era stare accanto all’immobilità di questo uomo: il suo è un falso movimento… Diciamo che è un on the road stando seduto.
Adesso a cosa sta lavorando?
Un giorno ogni 15, è un documentario su gruppo di autoaiuto di genitori di ragazzi diversamente abili che si riunisce da 16 anni in Friuli. Per loro quando in una famiglia nasce un disabile, disabile è tutta la famiglia.
Il Leone d’oro a “Sacro GRA” e il Marc’Aurelio a “TIR”, anche se questi due film non sono strettamente dei documentari, hanno cambiato la percezione del cinema del reale presso il grande pubblico.
Certo, c’è una maggiore attenzione delle sale verso un cinema diverso. Un tempo era difficile poter uscire nei cinema, oggi Sacro GRA è andato in sala in 40 copie e anche TIR ha trovato una distribuzione.
Basato sul romanzo bestseller di Gregory Maguire, è al cinema uno dei musical più amati di sempre
Intervista a Arianna Craviotto, Gigi & Ross e Sissi. Il film d'animazione è dal d22 novembre su Netflix
Intervista a Leo Gullotta e Mimmo Verdesca. Il film in sala dal 5 dicembre con 01 Distribution
In sala il 5 dicembre con 01 il film di Mimmo Verdesca, con Barbora Bobulova, donna che in circostanze difficili scopre di essere stata adottata