Una giovane commessa della Coop, completamente ignorata dagli uomini, ricorre alle parole di Bobby Solo: “Non c’è più niente da fare, è stato bello sognare un grande amore sincero ed un felice futuro da vivere insieme per sempre con te”. È Alba Rohrwacher, tra i protagonisti della commedia “provinciale” e corale che dalla celebre hit del ’66 prende il titolo per costruire il ritratto di una compagnia di attori dilettanti, i Perseveranti, che nonostante lo sfratto dal teatrino che da anni occupano per un affitto simbolico, riescono a mettere in scena “La cavalleria rusticana” di Verga e anche a trovare l’anima gemella. Opera prima di Emanuele Barresi, livornese classe 1958, il film è scritto con Francesco Bruni, interpretato da Rocco Papaleo, Paolo Ruffini, Isabella Cecchi, mentre i veterani del palcoscenico Valeria Valeri e Raffaele Pisu si divertono a “recitare” male nella filodrammatica. Anteprima a Livorno e uscita nelle sale con la Eagle Pictures dall’8 febbraio, nel week end di Caos calmo. Per l’attrice ventottenne, dall’inconfondibile chioma rossa e dall’aria da ragazzina smarrita, più giovane della sua età, per niente aggressiva, è un’esperienza legata agli inizi della sua carriera, già nel frattempo decollata. Proprio sul set del collettivo 4-4-2 incontrò Barresi accettando di collaborare a un progetto “piccolo ma di grande cuore”.
Condivide qualcosa con il personaggio di Letizia, l’attrice dilettante di “Non c’è più niente da fare”?
Sicuramente la passione per il teatro, che è la sua unica ragione di vita. Gli attori sono guerrieri pazzi e incoscienti che lottano contro i mulini a vento. Anch’io ho cominciato con una piccola accademia privata di recitazione, a Firenze: all’epoca studiavo medicina ma ho deciso di lasciare e l’ho fatto senza rimpianti. Poi ho iniziato a frequentare il Centro sperimentale e mi ha davvero cambiato la vita.
Ha studiato in una classe di talenti, a quanto dicono.
In classe con me c’erano Valentina Lodovini (La giusta distanza), Giulia Bevilacqua (Distretto di polizia), Alessandro Roja, che farà la fiction da Romanzo criminale. Eravamo 12 e vorrei nominarli tutti perché sono tutti bravissimi.
“Non c’è più niente da fare” l’ha girato due anni fa: in questi 24 mesi sono successe molte cose.
Ho girato cinque film: Mio fratello è figlio unico, Giorni e nuvole, Caos calmo, Riprendimi e Il papà di Giovanna.
“Caos calmo” l’abbiamo appena visto, lei è l’assistente del manager Pietro Paladini ovvero di Nanni Moretti.
Il maestro! Ero intimidita perché è bravissimo e ne ho una grande stima come autore e come attore. Poi mi sono tranquillizzata: abbiamo improvvisato e giocato: non bisogna dimenticare che recitare è giocare. Non a caso la mia scena preferita è quella in cui facciamo un puzzle.
Invece in questi giorni è impegnata con Pupi Avati.
Stiamo terminando il doppiaggio del suo nuovo film, Il papà di Giovanna, un film drammatico in cui io sono la figlia di Silvio Orlando e Francesca Neri, ho un buon rapporto con mio padre e un non rapporto con mia madre. Poi c’è Ezio Greggio, ma non si può dire altro… Non è un giallo ma la trama è segretissima.
Prima ancora è stata figlia di Margherita Buy, un’attrice a cui in qualche modo somiglia davvero.
All’inizio mi sentivo uguale a lei, poi via via mi sono sentita più uguale ad Antonio Albanese. Comunque girare Giorni e nuvole è stato un grande onore. Forse io e Margherita abbiamo in comune un tremore che poi nasconde la forza: nel film io ho un bel caratterino e lei tira fuori una grandissima energia.
Storie di famiglia anche in “Mio fratello è figlio unico”, dove lei è la sorella di Elio Germano e Scamarcio.
Già, la sorella di quei due scapestrati. È stato un film fondamentale e Luchetti ci ha dato grande libertà: la libertà di fare quello che voleva lui.
Crede che avrebbe figurato bene all’Oscar?
Speravo che ci andasse, anche se non ho visto La sconosciuta e non faccio paragoni. Credo che all’estero piaccia, come è accaduto a Cannes, perché racconta una parte della storia italiana in maniera nuova.
Comunque in America è appena stata con il film di Anna Negri, selezionato al Sundance.
Sono stata al festival con la regista e con il coprotagonista Marco Foschi. È stata una cosa bellissima: tutti i festival fanno bene ai film, ma quello è veramente un festival straordinario, molto genuino, dove ci sono autori giovani di tutto il mondo. In sala trovi lo sciatore e il produttore importante e tutti alla fine discutono del film facendo domande molto appropriate. Di Riprendimi è piaciuta la leggerezza con cui affronta la storia di una separazione, il fatto che è un film povero ma ricco, nel senso che ha un budget limitato ma una grande varietà, e la sua capacità di raccontare il precariato del lavoro e il precariato dei sentimenti.
Lei che appartiene alla generazione dei ventenni vive questa precarietà in modo difficile?
A volte sì, a volte no. Ma l’attore è il precario per eccellenza, e non da oggi. La nostra condizione non potrà mai cambiare. Certo, mia madre insegnante è cresciuta con il posto fisso, mentre io devo convivere con l’incertezza. Ma mi sento comunque privilegiata: faccio quello che mi piace e non sono certo costretta a lavorare in un call center.
Da toscana le piacciono Mascagni e Puccini?
Puccini è un maestro, Mascagni l’ho ascoltato per il film di Barresi, studiando “La cavalleria rusticana”.
Con chi le piacerebbe lavorare in futuro?
Non glielo dico, sennò non si avvera.
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