Tra le sorprese più interessanti del Medfilm Festival che si svolge a Roma nei primi giorni di novembre ci sono i due film candidati all’Oscar rispettivamente per Tunisia e Marocco. Entrambi hanno fatto un passaggio a Cannes, il primo alla Quinzaine, il secondo a Un certain regard.
Under the Fig Trees, secondo film di Erige Sehiri è una storia di sorellanza, lotta al patriarcato nel suo senso più ampio e conflitto generazionale, il tutto raccontato nel parco di un bellissimo frutteto tunisino, di rohmeriana memoria. E’ un film di piccoli gesti e piccoli sguardi, che mantiene il ritmo del documentario su cui la regista si è fatta le ossa con Railway Men. L’ambientazione agricola fa pensare che si tratti di persone bloccate nel passato, similmente ai protagonisti dello shamalayano The Village. Le ragazze aspettano il loro capo insieme, mostrando come le norme di genere prevalgano ancora. Quando il capo arriva, si ammassano sull’autobus. Sebbene le donne sembrino progressiste e liberali, piene di libertà mentre flirtano con i loro colleghi maschi, sono anche intrappolate da vecchie nozioni romantiche, distanti dal mondo delle anziane, che smistano i fichi in cesti laterali. Il cast è composto di non professionisti.
La rivoluzione delle donne che lavorano sotto l’albero di fico – usato come spesso avviene anche come metafora sessuale – non è un atto violento o rivoluzionario ma l’accettazione di un’onestà generale su ciò che avviene all’ombra di quegli alberi.
Le Bleu du Caftan di Maryam Touzani, invece, scritto con il marito Nabil Ayouch, si ambienta ai giorni nostri un una delle medine più antiche del Marocco, dove una coppia di cinquantenni, Halim (Saleh Bakri, visto di recente in Amira e Costa Brava, Lebanon) e Mina (Lubna Azabal, che al MED riceve anche il premio alla carriera), gestisce un negozio di caftani tradizionali e fatica a soddisfare le richieste dei clienti.
Per far fronte agli ordini, decidono di assumere un giovane apprendista, Youssef (Ayoub Messioui). In particolare, la cucitura di un caftano blu è l’ordine di maggior valore, che richiede sforzi enormi per essere completato. I due conducono un’esistenza tranquilla e modesta, di piccole gioie, come mangiare mandarini o fare una passeggiata insieme. Nel frattempo, vediamo Youssef mostrare un interesse genuino per il suo lavoro e un affetto crescente nei confronti di Halim, che sembra credere nelle sue capacità. Mina, però, è scettica e lo accusa addirittura di aver rubato del raso rosa dal laboratorio.
Il legame tra Halim e Youssef si rafforza e coinvolge gradualmente anche Mina, la cui salute sembra essere in serio pericolo, portando a un’emozionante chiusura dell’arco narrativo, che sollecita domande importanti sulla natura dell’amore come motore del mondo.
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