Aki Kaurismaki “Il film di Malick non può essere peggio del mio”


TORINO – Con la bottiglia di birra d’ordinanza e una sigaretta elettronica tra le labbra, Aki Kaurismäki appare finalmente al Torino Film Festival. Lo fa nello spazio più raccolto della conferenza stampa con Emanuela Martini a fargli da angelo custode. Subito gli chiedono come mai ha disertato la serata d’inaugurazione al Teatro Regio, dove Penelope Cruz avrebbe dovuto consegnargli il Gran Premio Torino. E’ vero che è stata proprio la presenza della diva spagnola, testimonial di una multinazionale dei cosmetici, a fargli cambiare idea? “Non bisogna dar retta alle voci e voi dovreste saperlo. Posso solo dire che non si può essere attrice e mannequin contemporaneamente, ma adesso chiudiamo questo argomento”.

 

Timido e geniale, il cowboy di Leningrado si lascia andare alle domande, inanellando una serie di risposte surreali come il suo cinema ricco di semplicità e poesia. L’ultimo gioiello in ordine di tempo, Miracolo a Le Havre, è in questi giorni nelle sale con la Bim. Assolutamente imperdibile. Eppure lui schiva i complimenti: “Non so se lo voglio, questo premio, non so se lo merito e mi commuove che vi siate interessati al mio brutto film. E neppure posso ringraziare i miei genitori perché entrambi sono morti, tranne mia madre”.

 

“Miracolo a Le Havre” è un omaggio al cinema francese d’antan, quello di Jean Gabin e Arletty e del resto la protagonista si chiama proprio così.

Rispondo come rispose quel tipo che ha scalato l’Everest, ho girato a Le Havre, perché era lì. E’ una città di grandi spazi che mi permettevano di muovermi in modo adeguato, il viale principale è 52 cm più largo degli Champs Elysées. Avrei potuto girarlo a Genova, ma il mio italiano non è perfetto, anzi è proprio inesistente. Ho percorso tutta la costa europea, dalla Liguria alla Spagna, dopo ci sarebbe stato solo il Belgio ma il Belgio lo lascio ai migliori registi che ci siano, i fratelli Dardenne.

Cosa pensa del cinema italiano contemporaneo?
Farei a cambio tra cinema italiano e il cinema finlandese in qualsiasi momento, in particolare al mattino, mentre la sera non sono più così certo.

 

Molti pensavano che “Miracolo a Le Havre” meritasse la Palma d’oro, vinta poi da Terrence Malick. Che avrebbe fatto se l’avesse vinta?

Mi sarei suicidato. Non ho visto The Tree of Life, ma non può essere peggio del mio film. Comunque ho vinto il Premio Fipresci, l’ho saputo ma ero a giocare a poker in montagna. E ho anche perso.

 

Come sceglie le musiche dei suoi film?
Ho un po’ di dischi e li porto al missaggio, che faccio io improvvisando. Ormai gli yankee hanno acquistato i diritti di tutta la musica del mondo, persino di quella finlandese. E’ tutto in mano alla gente di Wall Street, ma per fortuna Wall Street al momento è occupata. Dai precari.

 

E’ stato più difficile dirigere gli attori umani o il cane Laika?

Con gli attori ho un metodo. Li faccio provare e intanto li riprendo quando non lo sanno, poi quando faccio il primo ciak, spengo la macchina da presa. L’ho imparato quando facevo il produttore negli anni ’70: ero talmente povero che non potevo permettermi di fare che un solo ciak… Agli
attori concedo tre secondi, se non sanno la battuta li licenzio, così il giorno dopo tornano con un po’ più di modestia. I cani invece li dirige mia moglie. Quando scrivo una sceneggiatura, dopo qualche giorno che sto chiuso a lavorare, arriva mia moglie, bussa timidamente alla porta e mi chiede se ho messo un cane nella storia. E io rispondo di sì. Mi piacciono i cani perché non criticano mai e non analizzano mai. A volte abbaiano, ma questo non fa male a nessuno.

 

Perché il protagonista è un lustrascarpe?
Volevo parlare del modo in cui i paesi europei trattano i profughi, senza educazione e umanità. La Comunità Europea lascia il peso maggiore dell’emigrazione su Spagna, Grecia e Italia. Ho iniziato a lavorare su questo tema senza sapere chi sarebbe stato il protagonista del mio film. Poi, andando a spasso in Portogallo, ho visto un lustrascarpe: non aveva neanche un cliente. Pure io devo avere almeno uno spettatore in sala. Così mi ha rattristato molto e sono tornato a casa a prendere il mio secondo paio di scarpe – perché all’epoca ne avevo due, mentre adesso ne ho solo un paio – per farmele lucidare. Alla fine mi ha chiesto tre euro e io gliene ho dati venti. Poi gli ho detto: capirai più tardi perché. Dopo l’ho cercato di nuovo, perché aveva un cane e volevo dargli un osso, ma erano scomparsi. Forse era clandestino o girovago. Così in Portogallo ho finalmente trovato una casa dove mi piacerebbe vivere. Ho già dovuto cambiare troppe volte nella mia vita e ogni tanto bisogna fermarsi.

 

Lei crede nei miracoli? Ne ha mai sperimentato qualcuno?
Il miracolo della mia vita è stato incontrare mia moglie Paula. 

 

Sa già di cosa parlerà il suo prossimo film?

Non so, ma mi auguro che ci sarà un prossimo film altrimenti la mia esistenza non avrebbe più senso. Sono troppo vecchio per imparare una nuova professione.

 

Come si trova con quelle sigarette finte? Funzionano?

Sì e no. Non è come la prima sigaretta del mattino dopo il caffè o quella dopo pranzo, ma fumare è orribile. Però nessuno è perfetto. Sapete chi l’ha detto, vero?

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26 Novembre 2011

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